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Venticinquesimo giorno

Martedi 27 novembre

Come andò che scavalcando i monti Peloritani raggiunsi Messina, e la sera stessa arrivai a Bagnara Calabra, al di là dello Stretto



H o lasciato la stanza del residence “baia di Ulisse” prima che alcuno del personale fosse già sveglio, verso le 7 e mezzo, e sono tornato sulla via Nazionale diretto verso Villafranca, il paese da cui si dipartono la strada costiera e la strada attraverso i monti Peloritani, che entrambe conducono a Messina.
Qui ho fatto colazione al Camera Cafè, con una tazza di buon the al gelsomino, servito nella teiera con il limone e il pasticcino. In più ho preso naturalmente anche un sostanzioso prodotto da forno, ripieno di cioccolata e marmellata.
Intanto fuori e dentro il piccolo caffè si accalcavano le eleganti giovani studentesse di un vicino liceo, e alcuni uomini e donne rispettivamente in giacca e cravatta e in tailleur impeccabili, che bevevano un caffè prima di entrare in ufficio.
Poco dopo mi sono trovato al fatidico bivio: proseguire dritto percorrendo una tranquilla strada costiera, che pure é assai più lunga, o tagliare per i monti affrontando pendenze che a detta dei locali sono insormontabili?
Avrei potuto resistere alla sfida di smentire o confermare quello che la gente dice di una ardua strada di montagna? Non ho resistito e ho svoltato verso i monti. Inizialmente avrei il desiderio di arrivare a Messina esattamente a mezzogiorno, per assistere al famoso spettacolino delle figure semoventi nel campanile del Duomo. Invece mi accorgo che in questi ultimi 16 chilometri della statale 113 non conviene strafare, ed é opinabile prenderli con il giusto ritmo flemmatico, come é d'altra parte mia abitudine.
Altrimenti la salita non presenta particolari difficoltà; ogni tanto si incontrano persone che abitano lungo la strada, e che ti informano di quanto ancora manca alla discesa. I tornanti sono caratterizzati dall'essere lastricati in pietra negli stretti gomiti. A circa metà cammino ho incontrato sul ciglio della strada un uomo che sommessamente leggeva dalla bibbia che teneva in mano, seduto su un muretto. Ad un certo punto la strada diventa piana e va a scendere, ma é un punto ingannevole: dopo poco si ricomincia a salire ancora per diversi chilometri.
Intanto sorseggiavo dalla piccola giara comprata a Santo stefano acqua fresca a piccoli sorsi; il sole era un discreto compagno, e garantiva la giusta temperatura. Ero in cima, circondato dal verdeggiante bosco dei monti peloritani, intorno a mezzogiorno e mezza, per la precisione nel punto in mezzo al bosco dove un cartello avvisa “Don Mimicu è ccà”, e più avanti “casa di cura” e “u vinu dell'amuri”. Se conoscete il vino dolce che si fa in sicilia forse avete avuto anche voi l'impressione che si tratti di una medicina e di un afrodisiaco in una sola pozione...
Ma ecco che improvvisamente di fronte a me si staglia così vicina da togliere il fiato la costa calabrese, imponente come il fianco del gigante Appennino, verde e brulicante di vita.
Lungo la discesa dovevo rimarcare che il clima é cambiato repentinamente da un versante all'altro dei Peloritani. Di là caldo e calmo, di qua fresco e ventilato. Mi sono dovuto vestire adeguatamente prima di cominciare a scendere.
Il fondo stradale disastrato non permetteva comunque al mio risciò di proseguire più veloce di un bambino in corsa. Ho oltrepassato un luogo di cura evidentemente assai frequentato, e cioè un centro di cura per malattie del sistema nervoso, prima di raggiungere la periferia a monte di Messina, ed infine intorno all'una e mezza la bellissima piazza del Duomo.
Ero già stato qui una volta tanti anni fa, e me la ricordavo diversa. L'architettura era sempre quella, con il campanile e la particolare chiesa, ma tutt'attorno la piazza: quale desolazione! Non c'era neanche un bar aperto con i tavoli fuori, dove potessi sedermi e godere di questo spazio bevendo un the.
Ho tuttavia avuto modo in questo breve transito per Messina di parlare con alcuni giovanissimi studenti, che erano anche le uniche persone presenti nella piazza, e con i taxisti che sostavano con le mani in mano all'angolo con via I Settembre. Qui ho comprato le ultime cartoline del mio lungo viaggio nel souvenir B&B.
Un piccolo omino che sembrava provenire dal sudest asiatico mi ha consegnato una pietra colorata, che ho interpretato sia come un augurio di buon proseguimento, sia come segno di ospitalità.
I taxisti mi hanno fra le altre cose raccontato di un uomo che qualche tempo fa é passato per Messina a piedi con un asino e un carretto, e che é stato lasciato traghettare fino a Villa senza particolari costi aggiuntivi. Spero che a me non facciano problemi come le ferrovie italiane, e che possa salire sul traghetto per Villa San Giovanni a bordo del mio veicolo senza incappare in qualche cavillo del regolamento.
Sono entrato presso la biglietteria dello scalo ferroviario, e ho spiegato con che veicolo devo salire sul traghetto, e mi é stato fatto un biglietto per una bicicletta. Quindi, buono a sapersi, almeno per i traghetti dello stretto di Messina il risciò viene considerato alla stregua di una bicicletta. In tutto ho pagato 4.20 € per la traversata delle poche miglia marine che mi separavano dalla “madrepatria”.
L'attesa alla postazione di partenza per essere chiamati a salire sulla nave attraverso la ripida e stretta passerella metallica é durata ancora circa 20 minuti, per me e per gli altri viaggiatori diretti in Calabria con il proprio veicolo.
Di costoro ricordo in particolare una carro funebre, che aveva svolto un servizio di trasporto sull'Isola, ed ora ritornava a Roma. Nell'abitacolo 4 affabili ragazzi vestiti impeccabilmente di nero e con occhiali scuri. Nel bar dell'imbarco in piazzale Don Blasco ho ancora lasciato l'ultima dose di acqua e ammoniaca in terra Sicula, e ho bevuto l'ultimo bicchiere di acqua Sicula, che il barista mi avvisa essere “gratis nei bar da Roma in giù”. In effetti é la prima volta che chiedo acqua e basta al bancone di un bar. Buono a sapersi...

Il porto di Messina


Ed eccomi infine sul suolo calabrese. Senza perdere tempo prendo la strada che la bussola mi indica per andare a nord, dovendo proseguire lungo la costa fino a Gioia Tauro.
La mia meta è ormai vicina, e vorrei ancora oggi lasciarmi dietro più strada possibile per poi domani con calma arrivare nel paese nel pomeriggio. Villa S.Giovanni è una città alla San Francisco, con una strada diritta come un fuso che va su e giù come le montagne russe verso nord. Ben presto mi lascio alle spalle il centro abitato e proseguo sulla avventurosa strada statale che va da Reggio Calabria a Salerno.
La Sicilia è qui davvero vicina, riesco a vedere la strada costiera che avrei dovuto percorrere tutt'attorno allo spigolo nord della sicilia, e la luce intermittente del faro che nel lento calare dell'oscurità diventa via via più distinto.
Alcuni ciclisti isolati percorrono questa strada, fintanto che c'è ancora luce.
Ad un'ora circa da Villa sono arrivato a Scilla, il pittoresco paese che prende il nome dal mostro mitologico in cui si sarebbe imbattuto Ulisse passando con le sue navi per lo stretto. Il mito avrebbe origine dal fatto che anticamente le correnti portavano le navi a schiantarsi violentemente contro quella scogliera, e la corrente può essere una forza davvero mostruosa.

Bagnara Calabra: la città famosa per aver dato i natali alla celebre cantante Mia Martini, le cui interpretazioni danno ancora i brividi se si ci pensa. Per raggiungere il centro abitato bisogna calare giù di un bel po' dalla statale fino al livello del mare. Non avrei fatto questa sosta se non fosse ormai notte fonda e quindi avessi cominciato a dubitare della condotta di guida dei miei conterranei (conoscendone alcuni...). Mi sarei insomma volentieri fermato per la notte qui a Bagnara Calabra. Ma dove? Le prime persone che ho incontrato qui sono un capannello di persone che vengono sorprese dalla mia comparsa sulla strada. Fra loro una giovane donna particolarmente espansiva mi chiede rompendo il silenzio: “Ma cu si sposa ccà” (“Ma chi si sposa qui”).
Evidentemente ha pensato che fossi arrivato per trasportare qualche giovane coppia del paese dalla chiesa al ristorante, come é usanza fare con un'auto d'epoca, una carrozza o un altro veicolo particolare.
Quand ho spiegato che ero qui di passaggio, e da dove provengo, e dove sono diretto, la domanda successiva é stata:”Ma avundi dormi?”.
È quello che mi chiedo anch'io.
La simpatica giovane signora mi consiglierebbe di chiedere ospitalità al parroco della chiesa matrice.
Subito dopo però mi confida i suoi dubbi che l'uomo di chiesa si fidi di ospitare un personaggio come me. In fondo non sono un pellegrino, e non sbandiero in alcun modo il mio credo religioso.
Come per qualunque cosa che sia eccessivamente anticonformista, da queste parti non la si fa facile. Probabilmente si ripeterebbe la scena di Acquedolci in Sicilia... Prima di sentirmi considerato come un vagabondo un'altra volta (che non fa piacere) preferisco passare per le vie laiche, ovvero chiedere una stanza in un albergo. Durante una sosta prolungata presso il grande bar pasticceria in corso Vittorio Emanuele, ho la possibilità di parlare con diverse persone del posto sulle possibilità alberghiere della città, oltre che di molte altre cose che mi interessano di questa città.
Intanto da questo ricco banco di pasticceria ho l'occasione di assaggiare un dolce di cui ho sempre sentito parlare, ma che mai avevo neanche visto: il Babà.
Ad essere sincero non mi é piaciuto molto, troppo dolce. E fa anche male alla salute. Ma fino a che non l'avessi provato non avrei potuto dirlo.
Il ragazzo al bar mi ha preparato inoltre una grossa teiera di the caldo, che ho sorseggiato poco alla volta nel corso dell'ora successiva. Era il tempo in cui tutti i cittadini si riversano per le strade ad incontrarsi e a passeggiare, fra le 7 e le 8 di sera.
In cerca dell'albergo adatto, dapprima sono stato all'hotel Costa Viole, che però non aveva un garage protetto per il risciò, poi sono passato davanti all'hotel Victoria, ma era evidentemente troppo lussuoso per le mie tasche. Infine all'hotel Due Rose ho incontrato una locandiera dal volto umano, che ha evidentemente capito al volo che stress che avrei avuto stanotte se non avessi trovato dove dormire, ed é stata disposta a fare una eccezione, e venirmi un tantino incontro per quel che riguarda il costo di una stanza. Non si può dimenticare che Bagnara Calabra si é rilanciata come meta turistica di buon livello, ed i prezzi dei suoi alberghi reggono naturalmente il gioco a questa politica.
La signora mi ha inoltre organizzato un parcheggio sicuro nel sotterraneo dell'hotel Victoria, per cui prima di tutto ho portato i bagagli su in camera, e quindi ho guidato il risciò fino all'hotel Victoria, dove sarebbe rimasto durante la notte.
Poi sono tornato a piedi all'hotel Due Rose – saranno 5 minuti di cammino – e una volta in camera mi sono lavato e rimesso in ordine per uscire a passeggio in questa bella cittadina.
Dapprima ho mangiato una pizza da asporto in una grande piazza presso la pizzeria rosticceria Rocco.
Mi tocca spiegare che una volta di più mi sono sentito ora in qualche modo “arrivato a casa”, quando una volta entrato in questo piccolo locale ho sentito chiamare “Rocco!”, e poi ancora “Rocco!”.
Di solito dovunque mi trovi sono sempre l'unico che si chiama Rocco, e infatti ogni volta che sento chiamare “Rocco” do per scontato che qualcuno mi stia chiamando. L'unico posto al mondo dove questo meccanismo non vale é proprio la Calabria, dove molti uomini e anche ragazzi giovani portano il mio nome, come il pizzaiolo appunto.
Dopo la pizza ho camminato fino in fondo alla passeggiata per vedere il monumento a Mia Martini.
Una volta tornato in camera ho acceso il televisore, e in seconda serata c'era un bel film, “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore.
Chissà dove si troverebbe geograficamente nella grossa isola il tanto verisimile quanto inventato paese di Giancaldo?
Secondo me si trova nel messinese, perchè nelle ultime scene, quando il regista da vecchio ritorna al paese natìo, guarda fuori dal finestrino dell'auto proveniente dall'aereoporto di Palermo e vede proprio quell'autostrada che ho visto anch'io pochi giorni fa, che serpeggia fra i monti come la pista di un ottovolante.
Così è subentrato il sonno nella mia ultima notte da viaggiatore, ormai a poche decine di chilometri dalla meta.

Ma che chilometri!





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