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Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? In risciò da Genova a Roma
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Sesto giorno

Giovedi 8 novembre

Come andò che lasciai Carrara e proseguii in direzione di Massa, e una volta raggiunta questa cittá proseguii fino a Viareggio, da dove infine in serata arrivai alle porte di Pisa.



L a mattina sono sceso a riporre i miei bagagli nel bagliaio del risciò, e dopo che il capo dell'albergo-bar e la sua fidanzata, una giovane donna dai capelli neri e gli occhi azzurri, mi hanno aiutato a ricondurre il veicolo sulla strada dalla stanza sul retro dove l'avevamo parcheggiato ieri sera, mi sono ancora dilungato a chiacchierare con la ragazza al bancone del bar e con un vecchio avventore del bar bevendo un cappuccino, mentre fuori sulla strada non potevo non notare una successione ininterrotta di grossi camion che trasportavano pezzi di marmo.
Era la via Carriona, una strada che come dice il nome é adibita principalmente al trasporto a valle sui carri del marmo proveniente dalle cave sui fianchi delle Alpi Apuane.
Non posso non notare che la strada é bagnata, ma non ho sentito piovere stanotte. Un attimo dopo ci sono arrivato: se non venisse bagnata intenzionalmente, si formerebbe ben presto un bel polverone di marmo fine proveniente dai camion in discesa veloce.
Come già accennavo ieri, questa mattina osservando la fila ininterrotta degli autocarri la denominazione della città come 'Carrara' è diventata improvvisamente palese.
Quando è giunto il momento di lasciare il bar-hotel Dora, mi avviai giù per quella strada, che non a caso si chiama Carriona, e che è anche piuttosto stretta. Infatti i camionisti hanno il loro bel stare calmi per non potermi superare. Ma è un tratto favoloso quello, leggermente in discesa, con il cielo azzurro e limpido del mattino sopra di me e ridenti casette affacciate sulla strada; e se giro la testa a sinistra e indietro, ci sono queste bellissime montagne bianche, le Alpi Apuane. Si ha la straniante sensazione di essere nei pressi di alte vette innevate, pur senza alcuna rigidezza del clima o rarefazione dell'aria.
In breve sono ritornato sulla via XX Settembre, e mi sono fermato nel punto di informazione per i turisti. La ragazza dell'ufficio è stata prodiga di informazioni e mi voleva assolutamente regalare questo e quel libriccino sulla provincia di massa, su Carrara, sui marmi, e sulla Versilia, che ancora oggi avrei attraversato.
Per poter accettare tutti questi interessanti opuscoli, che ho conservato fino alla fine del viaggio, ho però regalato a mia volta alla ragazza tutti gli opuscoli che mi eran stati dati a Sestri Levante e relativi alla Liguria. Non li avrei comunque più utilizzati, e altrimenti non avrei avuto più troppo spazio disponibile nel baule portabagagli.

Da Carrara a Massa ci sono in teoria 10 km, ma che 10 km! La strada é ridotta ad un colabrodo, e si può procedere solo molto lentamente, a meno di compromettere la salute del tuo risciò e anche del tuo fondoschiena. Dappertutto ci sono i più diversi laboratori di lavorazione artistica, artigiana o industriale dei manufatti in marmo di Carrara. La strada é per lo più piana, continua a splendere il sole e i pini domestici svettano più alti delle case, bellissimi.

sulla strada fra Carrara e Massa


Verso l'una sono arrivato a Massa centro, e nel poco tempo che ho passato qui ho voluto farmi un'idea della topografia di questa città, capoluogo di provincia relativamente piccolo: seguendo viale Puccini sono arrivato a piazza della Liberazione dove erano parcheggiati diversi autobus, e ho preso a salire sulla sinistra fino a raggiungere la spaziosa Piazza Aranci, che sembrerebbe la piazza centrale della città. Da lì qualcuno mi consiglia di andare su fino al castello Malaspina. Questo nome stuzzica la mia curiosità, e mi appresto a percorrere la ripida strada fino al castello, una rocca che domina la città dall'alto.
A chiunque a scuola abbia avuto a che fare con la Divina Commedia di Dante il nome Malaspina non sará del tutto nuovo. I Malaspina erano una potente casata i cui diversi membri controllavano la regione della Lunigiana, della Garfagnana e di quello che poi si chiamò il Ducato di Massa-Carrara, e che ai tempi di Dante erano, come anche il resto della Toscana, al centro dei conflitti fra il Papato e l'Impero.
Insomma questa rocca dei Malaspina doveva essere un luogo al riparo dagli attacchi. Infatti durante la salita la strada era così ripida che ad un bel momento ho lasciato perdere io stesso. Quella é una tipica strada che o si fa a piedi, o a cavallo o con l'asino, ma su ruote diviene troppo faticoso. Hanno scelto bene quei Malaspina!
Un'altra cosa che volevo visitare era la biblioteca civica di Massa, dove certamente avrei potuto leggere di tutto e di più sulla storia, la cultura e la lingua di questa regione. E per capire come mai per esempio il palazzo variopinto che affaccia su piazza degli aranci si chiama Cybo-Malaspina.
Mi é stato detto che l'avrei trovata in piazza Mercurio.
Mentre cercavo questa biblioteca ho preso due arance e una mela nell'ortofrutta in p.za Portone, poi ho gironzolato ancora un po' fra graziose viuzze lastricate fino a piazza Bastione, prima di orientarmi.
In piazza Mercurio c'è una fontana, dove ho sgravato la borraccia degli ultimi sorsi del vino di Santa Margherita Ligure misto ad acqua, e mi sono ricaricato di acqua pura. All'angolo della piazza si trova la biblioteca, ma non ho potuto consultare nulla, perchè avrebbe riaperto solo nel pomeriggio inoltrato. Nulla da fare, mi sono apprestato a lasciare la città. Ma già che sono passato di fronte all'ufficio postale mi sono fermato a prelevare dei soldi. Il marciapiede di fronte alla posta, all'angolo di viale Chiesa con viale Democrazia, consiste in una pavimentazione di piccoli tasselli, in cui si disegnano due linea bianche parallele alla strada. Siccome di solito due linee bianche disegnate sul marciapiede ad una distanza l'una dall'altra di circa 1-1,5 metri in Germania significano pista ciclabile, io forte di un'automatismo consolidato da anni di ciclismo urbano l'ho percorsa nonostante che fosse sul marciapiede. Ma il vigile stradale la pensava diversamente ed ha un po' mugugnato. Ma io continuo a pensare che fosse una pista ciclabile.

presso Massa


Massa -Viareggio: una tranquilla marcia di un paio d'ore, dalle 3 alle 5 pedalando ho fatto fuori la frutta che avevo comprato. Mentre spolpavo la mela il solito automobilista giulivo mi ha gridato superandomi: “Aha.. Però te 'tte mangi anche le mele!” Il panorama della Versilia é mozzafiato, con questi pini dappertutto e queste vecchie costruzioni medicee che così bene si inseriscono nel paesaggio.

quando arrivo alla periferia di Viareggio verso le cinque il sole sta già calando all'orizzonte. Nel penny-market di fronte al cimitero mi sono fermato a comprare caciotta e crudo toscano saporito, che ho mangiato poco dopo parcheggiato presso il porticciolo godendomi il tramonto. Se avessi avuto una macchina fotografica avrei scattato una foto di questo momento, invece non ce l'avevo, ed ero troppo rapito da quello che stavo mangiando per prendere ancora in mano carta e matita.

Alla stazione di servizio ERG poco fuori della città in direzione di Pisa mi sono fermato a comprare una ricarica per il telefonino, mentre sono entrati altri due o tre avventori abituali della stazione. Qualcuno mi ha offerto il cappuccino decaffeinato che stavo bevendo. Era Claudio, un simpatico signore che ha un negozio e un noleggio di mountain bikes qui nelle vicinanze, e mi racconta fra le altre cose di una fiera delle biciclette che si svolge ogni anno in America, dove vengono presentate tutte le possibili applicazioni meccaniche alla tecnologia della bicicletta. Per esempio mi racconta della bicicletta che dietro invece che la ruota di dietro ha attaccato un tosaerba il cui rotore viene mosso dallo stesso movimento dei pedali, o il triciclo-aratro.
Ma senza andare in america, ho sentito anch'io parlare delle cosiddette ciclofficine, che vengono create spesso nelle grandi città italiane, dove ognuno può dar vita ad un proprio progetto di bicicletta 'su misura'. Claudio è uno dei pochi che considera il mio modo di viaggiare per quello che è, cioè un normalissimo spostamento da città a città, ed è uno dei pochi personaggi incontrati da Genova in giù a cui non ho dovuto spiegare che quello che sta scritto dietro il risciò (che fa 100km con 1 kg di pasta) non è nè uno scherzo, nè un'esagerazione. Lui lo sa perchè ha già fatto viaggi lunghi con le proprie gambe, e sa che è meno faticoso di quanto sembrerebbe. Soprattutto con le mountain bike: molte persone in Italia, anche se sanno andare in bicicletta, e anche se hanno la patente di guida, non riescono a capacitarsi che grazie alle numerose marce di un 'rampichino' è possibile senza troppa fatica affrontare anche salite assai ripide. Con un risciò poi è ancora più semplice, perchè se su due ruote con la marcia più leggera sei costretto a mantenere una velocità minima in salita per non perdere l'equilibrio, su un triciclo è possibile procedere anche a passo d'uomo, o di fermarsi ogni volta che si vuole, stiracchiarsi, bere un sorso d'acqua e quindi continuare a salire, senza bisogno neanche di mettere i piedi per terra.

La strada per Pisa era diritta e tranquilla, immersa nella macchia di Migliarino, che purtroppo non ho potuto vedere perchè era già buio. Ma non ho voluto necessariamente raggiungere la città entro la serata: infatti Pisa è una città di grande afflusso turistico, e non mi andava di dover spendere più del dovuto per rimanere a dormire nel centro, o di sentirmi dire che la città era strapiena di turisti e che i posti sono tutti esauriti.
Indirizzato da un cartello pubblicitario posto poco prima del cavalcavia dell'autostrada, subito dopo esserci passato sotto ho imboccato la via Turati, e l'ho seguito per un lungo tratto aspettandomi di arrivare ad un Bed&Breakfast dove chiedere di poter pernottare, possibilmente lontano dai pericoli e dal caos della città turistica.
In effetti sono arrivato ad un elegante cancello che rappresentava l'ingresso ad una pensione piuttosto lussuosa, ma quando ho citofonato (videocitofono – temo che questa sia una zona dove c'é rischio di saccheggi-) la signora non mi ha potuto offrire null'altro che una stanza doppia per 75€.
Ho allora proseguito verso Pisa fino a che poco dopo non ho incontrato una trattoria sulla sinistra, ed ho parcheggiato. Qui avrei mangiato qualcosa di buono che offre la gastronomia locale, e avrei chiesto qualche dritta su dove dormire senza essere spennato. Nella invitante teca del bancone c'erano le più invitanti prelibatezze, e ho cercato di non essere inopportunamente ingordo: mi sono seduto ad un tavolino e mi sono fatto servire degli involtini di maiale con dentro delle verdure, e un piatto di zuppa di verdure con il pane: buonissima, soprattutto se accompagnata da un buon quartino di vino.
Prima di andarmene l'oste e l'ostessa mi hanno spiegato che avrei molto probabilmente trovato posto presso un ostello della gioventù, che avrei trovato andando sempre dritto anche quando la strada principale devia a destra.
Così ho fatto, e sono arrivato in pochi minuti all'ostello della gioventù 'Il convento' in località Madonna dell'Acqua.
Questo è praticamente il posto dove trovano un tetto sopra la testa i poveri studenti di Pisa che vengono da altre regioni, per lo più dal Suditalia e dalla Sicilia. Il personale dell'ostello stesso consiste in studenti universitari, che così lavorano a vantaggio del proprio affitto mensile. Questo edificio non è un granchè a dire la verità, piuttosto decrepito e triste. Ma gli studenti che ci abitano, e con alcuni dei quali ho avuto l'occasione di chiacchierare seduto con loro nel salotto dello studentato, sono molto simpatici.
Dopo aver pagato i 15 € necessari per pernottare qui stanotte, ed aver parcheggiato il risciò nel cortile interno fra i diversi padiglioni del piccolo complesso abitativo, abbiamo discusso a lungo su alcune tematiche controverse bevendo qualcosa assieme.
Uno studente siciliano ha controbattuto alla mia proposta di imboccare la strada della “decrescita felice”, ovvero lasciar perdere quelle tecnologie che non ci aiutano a vivere meglio ma anzi ci risucchiano in un circolo vizioso di bisogni indotti, e che come se non bastasse contribuiscono al disastro ambientale. Questo ragazzo per esempio ci racconta dell'episodio del suo cugino vittima di un incidente, che se non fosse stato per il tempestivo intervento di un mezzo motorizzato, non sarebbe mai arrivato vivo nel più vicino ospedale. Certo si potrebbe obiettare che se non fosse stato per la presenza sulla strada di mezzi di trasporto più veloci di quanto é consentito a qualunque essere vivente terrestre, ed energeticamente sconvenienti, quello, come molte altre persone in simili frangenti, non sarebbe probabilmente mai stato danneggiato al punto da aver bisogno di un intervento urgente.
Si potrebbe anche obiettare, citando il testo di Ivan Illich “Energia ed Equità”, che il problema non é tanto che in caso di bisogno urgente di un ospedale l'ospedale sia troppo lontano, quanto che da quando si sono create le condizioni per il trasporto veloce su strada, gli ospedali hanno potuto venire dislocati a distanze sempre più maggiori fra loro, e venire tendenzialmente accorpati in maxistrutture.
Avrei potuto obiettare questo ed anche altro, ma non bisogna neanche dimenticare che soprattutto in territori montuosi come lo é appunto la Sicilia, é realmente difficile, con o senza mezzi motorizzati, muoversi per terra verso un centro ospedaliero. Per questo quando la tecnologia dei motori non era ancora una ovvietá, i dottori andavano a cavallo dai malati. Più tardi, quando si diffusero le prime auto, i dottori furono fra i primi ad averne una, appunto per le emergenze. Ma da qui a considerare una ovvietá che un ragazzo di diciott'anni debba possedere un'auto per i propri spostamenti privati, il passo é comprensibilmente più lungo della gamba.
Pare che lo stesso dispendio di energia complessivo relativo al trasporto a cavallo, in confronto allo spostamento a piedi o a quello in bicicletta, costituisca un lavoro enormemente maggiore: mantenere l'animale anche quando non si utilizza, pulirlo, raccogliere il foraggio giusto, ecc. Quindi, se vogliamo vedere le cose da un punto di vista diverso, quando l'umanità viveva senza motori il cavallo era già da sempre considerato come noi oggigiorno consideriamo un'auto che beve molta benzina. Eppure é complessivamente meno dispendioso del mezzo a motore, perchè il cavallo rappresenta una fonte di energia metabolica.
Tutto il suo peso é esattamente funzionale al proprio spostamento fisico e alle altre funzioni vitali, e non c'é nessun dispendio energetico superfluo nella fase di 'produzione'. Quello che mangia e quello che utilizza in ossigeno ritorna a breve termine nella biosfera e viene reimmesso automaticamente nell'ecosistema, senza che delle industrie si debbano occupare di rottamare e riciclare i pezzi, e senza che la riceca si occupi di trovare maeriali sempre più sofisticati per ridurre al minimo il peso non funzionale al movimento.
A conclusione di questo racconto di viaggio dovró poi tornare sul tema degli ospedali che tendenzialmente diventano sempre più rarefatti sul territorio e tendono a divenire centralizzati. Proprio durante i giorni del mio arrivo in Calabria è stata infatti addotta come principale causa di morte di una ragazzina calabrese proprio l'inefficenza degli ospedali 'di provincia', che richiederebbe quindi la chiusura degli stessi e il finanziamento di centri più capaci e centralizzati.
Si potrebbero obiettare chissa quante altre cose, ma di fronte al pensiero della morte diventiamo tutti così basiti, che é difficile mantenere il buonsenso, soprattutto quando la cultura dominante scavalca l'onda del disorientamento e dello sgomento per veicolare qualcosa di funzionale alla propria affermazione durevole.

Alle 11 di sera era il coprifuoco nell'ostello, e mi sono coricato al piano di sopra di uno dei tre letti a castello della piccola stanza umida.



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