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Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? in risciò da Monaco di Baviera a Genova
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Decimo Giorno

Domenica 2 settembre 2007

Come andò che lasciai Padova e pedalai nella bassa Padovana, finchè nel paese di Conselve venni accolto da un coscienzioso cristiano.



A nche questa notte ho dormito magnificamente in questa stanza degli ospiti da Antonio. Siccome siamo a Padova mi verrebbe di chiamarlo d'ora in poi S.Antonio, perchè ha reso questa mia sosta a Padova così confortevole e anche intellettualmente ricca, pur in modo assolutamente disinteressato. Come avevamo già stabilito nottetempo, oggi saremmo andati a far colazione da Marco e Vale che ci aspettano per le 9 e mezzo.
Il palazzo è una di quelle vecchie palazzine un po' cadenti che non vengono ristrutturate, e che per questo vengono affittate ai giovani e agli studenti per prezzi accessibili. Marco dichiara con una specie di orgoglio che questo palazzo è stato l'ultima casa chiusa chiusa a Padova.
Mentre si fa colazione tutti e quattro assieme in una allegra cucina arredata con comodi divani, i nostri discorsi si sviluppano allora intorno alle prostitute che sono state trovate pochi giorni fa uccise barbaramente su una strada provinciale. Un traffico di corpi umani oltre che di sostanze stupefacenti, che continua e continuerà a prosperare nel nostro Paese finchè non ci saranno disposizioni coerenti a riguardo...
Dopo la colazione ci siamo accomodati io ed Antonio sul risciò, per far provare l'ebbrezza della guida a Marco. Antonio avrebbe anche voluto provare a guidare, ma aveva appena subito un'operazione delicata al ginocchio, quindi è stato meglio non fare forza su quell'articolazione. Marco si è da me guadagnato il titolo di “Primo autista di risciò di Padova”: ha guidato benissimo, guidando alla velocità giusta, con i giusti rapporti e con una buona padronanza, affidabile e attento anche su fondo stradale terribile come è in certi punti anche qui a Padova. Spero che in futuro se passo ancora da Padova di poter usufruire di questo servizio, qualora fossi a piedi.
Marco e Vale mi invitano a pranzare a casa con loro, ma prima devo ritornare alla chiesa degli Eremitani per la messa e per incontrare il giornalista-fotografo.
Lungo il tragitto mi sono perduto fra quelle strade. Sono così capitato a passare dalla statua equestre del Gattamelata, e dalla tomba di Antenore. La messa non è celebrata nell'enorme spazio principale in cui sono entrato ieri, ma in un piccola cappella attinente alla chiesa. Dopo la funzione sono entrato nella sacrestia e ho ricevuto dal sacrestano, dietro pagamento di un piccolo obolo, un libriccino rosso fatto diffondere nelle comunità dal Papa.
con le preghiere e le regole di vita per il buon cristiano. L'ho appena sfogliato, per poi lasciarlo ai miei amici prima di lasciare Padova.
Intanto davanti alla chiesa si era formato un capannello di pellegrini bavaresi intorno al mio veicolo parcheggiato, nel mentre io ho cercato un telefono pubblico dove dare uno squillo al fotografo. I telefoni pubblici che si trovano su piazza Eremitani sono in realtà delle macchine mangiamonete, e dopo averci perduto dieci minuti e due o tre euro provandoli tutti quanti (tutti non funzionanti per telefonare ma funzionantissimi per mangiare le monete), ho girovagato ancora un bel po' prima di trovare un telefono pubblico funzionante. Nel giro di una decina di minuti comunque Davide Bolzoni è arrivato, e ci siamo divertiti a fare delle foto davanti alla chiesa degli Eremitani, davanti all'entrata del parco dell'arena, e abbiamo anche chiesto a qualcuno dei pochi turisti che in quella tranquillissima domenica mattina passavano di là di prestarsi a posare come passeggeri sul risciò. Intanto spiegavo al giornalista alcune mie posizioni, e lui, che è un adepto del team critico di Beppe Grillo, mi spiegava le sue. La sostanziale differenza fra me e i Grilli d'Italia è che io cerco di abbandonare l'attitudine critica verso le persone, e l'unica persona che mi concedo di criticare è il “me stesso” e il “noi stessi”. Criticare “loro” o “voi” è un'attitudine che a mio avviso rischia di essere controproducente, di sollecitare la recrudescenza proprio di quegli aspetti negativi che vorremmo combattere. È il senso delle parole evangeliche per cui sarebbe opinabile trovare la trave nel proprio occhio prima di cercare la pagliuzza nell'occhio del prossimo.
Forse chi ha visto la prima scena del vecchio film “I nuovi mostri” di Monicelli intuisce meglio di che cosa parlo. Dopo le foto si era formato intorno a noi un capannello di persone diverse. Uno era un disoccupato padovano che parlava con Davide delle questioni locali della giunta comunale e del sindaco, mentre una signora distinta discuteva animatamente con i presenti sul valore della mia iniziativa e sul significato che i cittadini di Padova ne possono trarre; infine una tranquilla coppietta di Russi, che non capivano nulla di quello che dicevamo ma volevano solo farsi portare da me nell'abbazia di S. Giustina, che persino i presenti padovani non sapevano dire esattamente dove fosse.
Prima di tutto ho dovuto spiegare col poco di slavo che so che non sono di queste parti, quindi conosco la città probabilmente meno di loro, che magari non sono di passaggio, ma a Padova ci sono venuti apposta.

Padova: la tomba di Antenore


Con l'aiuto della cartina e soprattutto dei passanti che ci indicano via via la via, dopo un po' di pellegrinaggi arriviamo a destinazione e i russi mi ringraziano calorosamente nella purtroppo unica lingua che conoscono. Credo che mi abbiano augurato la benedizione di non so quale loro santo protettore. Non sembra però essere san Cristoforo, il protettore dei viaggiatori, di cui come un tempo si attaccavano sul cruscotto delle automobili per pregare contro gli incidenti, così oggi tengo di lui una medaglietta attaccata al manubrio che mi è stata regalata prima che partissi, e che spero continui a preservarmi dalle sventure.
Non ho mai più visto nè sentito nulla del fotografo Davide Bolzoni. Avrei piacere di vedere le foto che ha fatto, ed eventualmente di vedere l'articolo sul “Mattino di Padova” che ha scritto, ma evidentemente non ha avuto il tempo o la possibilità di spedirmi qualcosa come mi aveva promesso di fare.
Mi sono ritrovato così in Prato della Valle, intorno all'una, gremita di turisti e di gente che passeggia, e là ho trovato un tabacchino che aveva un bel po delle cartoline degli anni '70 che colleziono da un po'. Poi ho pedalato sino a ritornare da Marco e Vale, che intanto mi aspettavano per mangiare una bellissima pasta aglio olio e peperoncino.
Poi assaggiammo un po' di quell'affettato e di quei formaggi che ho comprato ieri a Vicenza, e, davvero a malincuore, presto o tardi ci dobbiamo salutare. Domani mattino al più tardi infatti devo essere a Rovigo.
Ed ora, nel primo pomeriggio, mi conviene già incamminarmi verso sud. Non dimenticherò mai queste persone.

La strada più comune che si percorre da Padova per Rovigo è la statale 16 che congiunge diritta come un fuso in mezzo alla pianura Padova a Monselice e Monselice a Rovigo.
Per qualche imperscrutabile motivo osservando la cartina ho però deciso di non prendere questa via veloce, e invece di tagliare per i paesini della Bassa Padovana compresi fra la statale 16 e la 516. Siccome non ci sono molti punti di riferimento geografici a cui affidarsi per l'orientamento, ho allungato un bel po' il tragitto, e seguendo sempre il sud indicato dalla bussola ho trascorso il pomeriggio costeggiando canali di irrigazione, campi di granturco e villette protette da cancelli e da cani feroci.
Le uniche persone a piedi che ho incontrato lungo quelle strade minori erano un gruppo di bambini che giocavano sulla strada assieme al loro papà e al nonno. Sono restato piacevolmente a giocare con loro, a portarli un po' in giro tutti quanti in quel dintorno (finchè i bambini non diventano 12-13enni, se ne possono portare anche 5 o 6 senza sentirne il peso!), e a farli sedere sul sellino dell'autista, nonostante che fossero troppo piccoli per arrivare ai pedali!
Quando calava lentamente l'oscurità entravo nel paese dal suggestivo nome di Terrassa Padovana. Qui mi sono fermato in una piccola trattoria a lato della strada per cenare.
Il cuoco era un uomo simpatico che sembrava stesse aspettando proprio me fuori del suo locale, e ho capito che ci avrebbe messo il cuore a cucinare.
Gli ho chiesto se aveva qualcosa tipo una pasta e fagioli, o una zuppa di legumi, ma mi ha detto che per questi piatti bisogna aspettare l'autunno e l'inverno. Quello che mi può offrire è una pasta con il sugo di lepre del posto, e poi una bistecca di manzo con l'insalata, con un quartino di un vino rosso di quella zona che sembra creato apposta per quella carne. Mentre la cameriera mi riempie di premure come se fossi un ospite d'onore, nel mio stomaco si diffonde un piacevole senso di rilassamento e fra un piatto e l'altro ho il tempo di annotare alcune cose sul mio diario. È uno di quei pasti di cui si conserva il ricordo non solo in testa, ma anche fra il palato e lo stomaco.
Ho ancora mangiato un tiramisù e bevuto un buon liquorino -offerto-, mentre discutevo con l'oste delle possibilità di pernottamento nella zona. Era chiaro dopo questa mangiata che non sarei andato ancora lontano per stanotte.
Mi hanno consigliato di proseguire fino al prossimo paese, Conselve, dove è in corso la giornata conclusiva di una fiera popolare. Fino all'ingresso del paese sono si e no 3 chilometri.
All'ingresso del paese era tutto deserto, c'era solo un bar gestito e frequentato da marocchini dove ho chiesto dove andare a dormire, e mi hanno detto che andando avanti si trovano due alberghi, ma che non sono dei più economici.
Per trovare uno di questi alberghi ho attraversato il centro della cittadina, e là era tutta la gente, anche dai paesi vicini. Mi sono fatto largo pedalando lentamente tra la folla che passeggiava fra le bancarelle sulla strada. Non era mia intenzione essere adibito a fenomeno da fiera, quindi ho attraversato la festa in modo defilato. Sono stato poi fermato dalla polizia e controllato. Ai gentili agenti ho chiesto dove ci fosse un posto economico dove superare la notte, e mi hanno indicato un agriturismo, l'unico della zona. Ma anche questo era troppo caro per me, oltre 50 €, una specie di villa lussuosa chiusa da un muro di protezione. È curioso come il termine di agriturismo indichi una serie così ampia di categorie di albergo.

Invece sono tornato attraverso una strada periferica all'inizio del paese, dove qualcuno mi aveva indicato esserci una cosiddetta “casa del viandante”. Alcuni dei marocchini che erano prima al bar e ora sedevano fuori della loro abitazione mi indicano che quella a fianco è la “casa del viandante”. In effetti ci sono delle biciclette parcheggiate fuori, e sembrerebbe essere occupata da cicloturisti, e la casa è illuminata all'interno. Ho provato a suonare il campanello, ma nessuno è venuto ad aprirmi. Allora i vicini marocchini mi hanno detto di chiedere in un palazzo nel centro del paese, dove ci si registra quando si ha bisogno di pernottare in quella casa.
Questo edificio nel centro in realtà era un vero e proprio centro polivalente della parrocchia locale. Infatti quando sono entrato e ho chiesto alle persone che là dentro sembravano essere di casa, sono stato indirizzato ad un certo Padre Angelo. C'era tanta confusione, un viavai di persone che visitavano una mostra in uno dei locali, altre che lavoravano agli stand gastronomici in un altro spazio, e altre che mangiavano presso questi stand.
Padre Angelo, un parroco relativamente giovane, è molto indaffarato in questo viavai, e non ha troppo tempo per farsi spiegare la mia situazione, ma quando lo faccio uscire un attimo fuori sulla strada dove ho parcheggiato, in mezzo al capannello di gente che intanto si è formato presso il mio veicolo, allora capisce un po' meglio. Infatti finchè entro in un locale e dico “sono arrivato con un risciò dalla Germania”, viene per lo più presa come un'affermazione comica, basata sulla retorica dell'iperbole.
Ma quando la gente vedendo il veicolo sulla strada si rende conto che non è uno scherzo, allora cambia atteggiamento e incuriosita fa un sacco di domande. Tutte domande sentite centinaia di volte e che non posso ripetere come un pappagallo centinaia di volte.
Proprio in questi giorni, un po' annoiato di dover raccontare agli avventori sempre le stesse cose, ho perciò deciso di scrivere e rendere pubblico un dettagliato resoconto di viaggio a cui rimandare chiunque ne abbia interesse. Che´è poi quello che state tosto leggendo. A questo si´è aggiunta la rubrica "FAQ" in questo stesso sito, con le mie risposte alle domande più frequenti.

In qualche modo il trambusto si calma presto, e la serata, l'ultima di questa festa popolare, sta terminando. Il Padre mi invita ad aspettare un momento là. Intanto gironzolo per questo centro “sociale”-oratorio, con un campetto di calcio, e una cucina da grossa gastronomia, dove lavorano alcune donne di mezza età, che come delle chiocchie parlano con quel loro accento allegro e sollecito.
Quando le donne hanno finito di lavorare, escono dallo spazio adibito a cucina e si dispongono a parlottare fra loro attorno a me e al risciò, che intanto ho introdotto dentro il vasto cortile interno dove ci troviamo adesso.
Solo quando arriva il padre e le donne lo vedono parlare con me, si rompe il ghiaccio e nel giro di 5 minuti ridono e schiamazzano come delle galline, mentre per divertimento sto scarrozzando in giro per il cortile due di loro come un cavallo imbizzarrito. Poco dopo se ne vanno tutti a casa e rimango solo con il padre. Mi accompagna in una stanza per gli ospiti arredata spartanamente ma molto confortevole. Non ho parole per ringraziarlo; mi avvolgo nel mio mantello e mi addormento di botto.

Padova-conselve: 22(?) km


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