- 2°viaggio: da Genova a Roma - prosieguo del 2°viaggio: da Roma a Cittanova- 3°viaggio: da Cittanova a S.Giovanni Rotondo-
prologo 1°giorno 2°giorno 3°giorno 4°giorno 5°giorno 6°giorno 7°giorno 8°giorno 9°giorno 10°giorno 11°giorno 12°giorno
13°giorno 14°giorno 15°giorno 16°giorno 17°giorno 18°giorno 19°giorno 20°giorno 21°giorno 22°giorno 23°giorno epilogo

Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? in risciò da Monaco di Baviera a Genova
home


Diciannovesimo Giorno

Martedi 11 settembre 2007

Come andò che a Milano un abile giornalista, erede della tradizione degli antichi Parti, mi scattò delle foto in corsa sulla sua bicicletta. E come una volta arrivato a Pavia, mi sia concesso di esagerare con il Bonarda dell'Oltrepo Pavese.



L a mattina mi alzo presto insieme al resto della famiglia che va chi al lavoro, chi a scuola.
Nel corso della colazione ci siamo resi conto che avevo perso la scommessa: nessuno degli yogurt che ho comprato nel supermercato si è moltiplicato. Questo implica tre possibilità:

1 – I fermenti lattici “vivi” sono morti durante la permanenza nel barattolo di plastica in cui lo yogurt era confezionato;

2 – Nello yogurt sono contenute sostanze additive che inibiscono la moltiplicazione dei fermenti lattici vivi;

3 – In quel prodotto cremoso e dolce non ci sono fermenti lattic nè vivi nè morti.

Posso solo consigliare di procurarsi il Kefir, se si vuole essere sicuri di mangiare fermenti lattici vivi.

Dopo la colazione ho dato uno strappo alla zia fino alla scuola dove lavora, e quindi con tutta calma ho pedalato verso il bar per incontrare il giornalista. Prima che arrivasse ho fatto in tempo a fare una seconda colazione con i cornetti caldi e il cappuccino, e siccome ancora non si vedeva , ho ordinato ancora un the caldo.
Poi Gabriele è arrivato e ne ho ordinato un altro per lui.
La barista era una donna simpatica e carina, con un piacevole accento balcanico.
Con Gabriele ci siamo seduti ad un tavolino e abbiamo parlato per un'ora di tutto un po'. Poi, mentre io continuavo a bere il mio the, lui è andato fuori a scattare delle foto con il risciò e le persone attorno -aveva un'ottimo apparecchio con sè- e dopodichè mi ha chiesto se poteva seguirmi mentre pedalavo verso il centro.
Sarei infatti passato un'ultima volta dal centro per dirigermi poi verso sud.
Intanto erano le 11 e il traffico incrementava sempre più. Mentre io pedalavo sgattaiolando fra le auto in coda, lui in bicicletta mi sfrecciava attorno cercando di cogliere l'inquadratura e la posizione giusta per una foto in movimento. I risultati li ho visti tempo dopo sulla rivista “Cronaca Vera”.

Uscire dalla città: è durata un bel po', in parte per la mia incapacità totale di orientarmi, pur con la bussola orientata verso sud, un po' per dover seguire sensi unici svianti e strade a rischio di vita per mattonelle sconnesse su cui passa il tram. E i tram a Milano non aspettano nessuno...si fanno solo aspettare.
Quando ho avuto l'impressione di aver raggiunto l'estrema periferia sud di Milano ho tirato un simbolico respiro di sollievo. Ero sopravvissuto all'inferno di cemento e asfalto.
Ora era sempre tutto di cemento e asfalto, ma almeno non c'era tutto quel trambusto che ho dovuto subire volente o nolente negli scorsi tre giorni.
Una volta individuato il Naviglio Pavese non me ne sono più staccato. L'avrei seguito sino a Pavia.
Il pranzo l'ho consumato al “Charleston”, quando ormai era passata l'una e per strada c'erano solo ragazzini che uscivano da scuola.
Il Charleston è un locale dell’estremo sud di Milano, sul Naviglio Pavese. Un bel locale con un pianoforte e un'atmosfera familiare. Deve esser un posto che va molto la sera. La pasta era buonissima e mi ha ricordato molto quello che si mangerebbe in una qualunque cucina casalinga monacense: era condita con una salsa di verdure non scotte e salsa di pomodoro, piccante al punto giusto. Assieme ad un buon barbera rappresentava il pranzo perfetto. Per prolugare la perfezione mi sono poi seduto al pianoforte a strimpellar qualcosa di digestivo, e infine ho preso un caffè.
Mentre mangiavo mi sono accorto che come tovaglia il locale utilizza dei fogli di carta particolari, chiamata carta paglierina, che era esattamente la carta che per un certo periodo ho comprato per dipingerci sopra, ma che poi il negozio di materiale artistico aveva smesso di farsi arrivare. E ora qui la usavano come sottopiatto! Il padrone mi ha spiegato dove la si compra, in un negozio all'ingrosso poco distante da là. E me ne ha voluto regalare una pacco intero, che a malapena ho fatto entrare nel bagagliaio!

La pausa successiva è stata nel paese di Binasco, al lato nord della statale 35 per Pavia. Ho attraversato il canale e sono entrato nel paesino, fermandomi a prendere un the nella piazzetta sotto il castello di Binasco, un bastione di mattoni rossi con le merlature in cima, come tutte le costruzioni lombarde un po' più antiche.

il castello di Binasco


Dopodichè ho proseguito lungo la statale 35, mentre dal naviglio ogni centinaio di metri dovevo scansare una nutria ridotta ad una bistecca svizzera sul ciglio della strada. Sono degli animali anche grossi come cani!
Poi nei pressi di Certosa di Pavia è cominciata una coda lunghissima. Ad un certo punto sono passate due volanti della polizia a sirene spiegate. In seguito alla radio si è sentito parlare di una rapina, da qualche parte nei dintorni.

Verso le 6 di sera sono arrivato a Pavia, l'antica capitale longobarda, una città posta su una leggera altura sulla riva del Ticino. Innanzitutto dovevo raggiungere il mio amico di Pavia, che mi avrebbe ospitato per questa notte, e fatto conoscere un po' la città. Mauro mi aspettava presso il suo esercizio commerciale nei pressi del naviglio.
Una volta che sono arrivato ha chiuso il negozio e siamo andati insieme sul risciò lungo la via Garibaldi a salire verso il centro, e per prima cosa abbiamo visitato la chiesa di S.Michele, la più antica della città, posta nel punto più alto sopra il fiume. Una stupenda costruzione di pietra, da vedere.
Da là abbiamo girato in lungo e in largo, e in su e in giù per il centro storico, ottimamente lastricato. In via Garibaldi ho comprato dei biscotti in un bel panificio-pasticceria aderente ai principi dell'agricoltura biodinamica. Che significa che la farina dei prodotti da forno qui proviene da coltivazioni di frumento non sfruttate intensivamente ma con tecniche equilibrate di rotazione delle colture e alternative alla monocultura, che come ben si sa è il metodo di coltivazione che predispone le piante ad essere attaccate dai parassiti, oltre che essere direttamente o indirettamente dannoso per tante specie animali, uomini compresi.
Risalendo la Strada Nuova si è arrivati alla piazza della Vittoria, uno spazio rettangolare allungato, con diversi locali che vi si affacciano. Da là siamo scesi a vedere il complesso del Duomo, che come non molti sanno presenta la quarta cupola più grande d'Italia, dopo San Pietro, il Pantheon e la cupola di Brunelleschi a Firenze. A fianco del Duomo fino a non molto tempo fa c'era un'antica torre, che però è crollata giù nel 1989, come ad annunciare un crollo ben più famoso nella storia moderna. La tipica facciata lombarda del duomo era fregiata di due differenti stemmi, ma non si era sicuri su che cosa esattamente rappresentassero; di fronte al Duomo c'era una statua che sembrava rappresentasse un qualche importante personaggio storico, ma non c'era intorno nessuna indicazione riguardo alla sua identità. Ma per fortuna pare che a Pavia tutti sappiano tutto della città. Si vede che è una città universitaria! Infatti le prime due ragazze carine a cui abbiamo chiesto di spiegarci queste cose ci hanno dimostrato una preparazione ottima, ed anche una signora che abbiamo interpellato poco dopo era ugualmente preparata. Per lo stupore ho anche già dimenticato del tutto le loro spiegazioni. Subito dopo abbiamo seguito la strada nuova fino all'università, e ci siamo infilati dentro senza bisogno di scendere dal risciò. Quindi eravamo in uno dei cortili interni, dove sono ai lati ritratte in forma di scultura alcune personalità importanti della scienza del passato. Ed è là che abbiamo incontrato questo giovane ingegnere che lavora con l'Università di Pavia, Francesco, e, come influenzati da tutte queste menti elevate che in quel cortile erano in qualche modo presenti fra noi, abbiamo parlato fra di noi dei problemi culturali che impediscono in italia una consapevolezza diffusa della questione energetica. Anche lui ha origini calabresi, ed anche lui sa che in Calabria in questi ultimi anni, dove le estati sono sempre più insopportabili, e viene consigliato alle persone più vulnerabili di rifugiarsi nei supermercati con l'aria condizionata per salvarsi la pelle, proprio qui dove il riscaldamento del clima si fa più tragicamente tangibile, la indiscussa soluzione che a tutti sembra la più semplice ed indolore è l'utilizzo di impianti di climatizzazione. Non importa come sia costruita la casa, quali isolanti siano stati utilizzati per proteggersi dal caldo o dal freddo esterni, non importa quanto costi l'impianto e quanta energia consumi.
E se queste tecnologie contribuiscono ad accrescere ancora di più il riscaldamento del clima, questo non rappresenta per la stragrande maggioranza della gente una preoccupazione, perchè si ha piena fiducia che prima o poi qualcuno inventi il sistema per non soffrire più nè il caldo nè il freddo, fossimo anche su Marte. La fiducia nella tecnologia dell'elettronica è oggi illimitata, ed è uno specchio dell'altrettanto illimitata fiducia che in ambienti scientifici si ha delle soluzioni complesse ed industriali ai problemi. Immagine fiduciosa che non deve essere scalfita e che viene perciò egregiamente coadiuvata da una formidabile estetica di massa, altrimenti forse ci si renderebbe conto che tutto sommato la casa di pietra è migliore e più economica dell'appartamento di cemento, il riscaldamento a legna migliore di quello a gas. Purtroppo ancora oggi, nonostante si pensi di essere moderni e in qualche modo migliorati nelle condizioni di vita, il fatto che io ed alcuni altri conoscenti si siano liberati dell'ingombro di un elettrodomestico per lo più inutile come il frigorifero elettrico viene visto come uno stile di vita estremo ed inconcepibile. Una casa italiana che si rispetti deve avere un frigorifero, altrimenti non si è “perbene”.
Un padre di famiglia deve avere un'auto se possibile grande e potente, altrimenti è un fallito.
In particolare per quel che riguarda i trasporti in italia e in particolare nel sud sembra rappresentare una fonte di vergogna per una persona, se essa fa la minima fatica fisica nello spostamento personale. Un popolo che fino a pochi decenni fa viveva quasi esclusivamente di coltivazione della terra e di allevamento ovino, e che è stato posto un bel giorno nella condizione di credere di essere riuscito ad emanciparsi da una vita dura, faticosa e ingrata legata alla terra, ora simbolicamente per affermare questa emancipazione non suda più pubblicamente quando si sposta da un posto all'altro in auto (mentre invece continua a sudare, e anche molto di più, quando si vede arrivare a casa le rate e le fatture da pagare per i “simboli di emancipazione dalla fatica” che si è dovuto voler permettere).
Chi suda durante il trasporto sono in questa ottica distorta i poveracci, quelli che non si possono permettere un'auto, o i bambini, che sono ancora troppo piccoli per avere un motorino. Sudore significa sporcizia, e l'imperativo categorico dell'italiano medio è di perseguire una condotta di vita che permetta di non sporcarsi. Certo, si ci sporca volentieri quando si gioca a pallone, o quando si lavora manualmente, o si fa la palestra. Si fanno anche all'occorrenza affari sporchi. Ma il trasporto personale è attualmente del tutto estraneo all'idea di sporcarsi, sudare o minimamente affaticarsi.
Mentre nella storia umana il viaggio ha sempre rappresentato una situazione di disagio e possibile fatica fisica, persino per re e principi.
In italia è anche difficile immaginarsi di farsi portare da un'auto che non è la propria. Ci sono troppi modelli cinematografici e sportivi che non hanno mai permesso al villico neo-industrializzato di concepire il trasporto veloce come un semplice servizio piuttosto che come l'affermazione della propria forza e del proprio primitivo erotismo.
L'italiano medio perciò non prende il taxi. Siccome il taxista sa che l'italiano medio non prende il taxi, le sue tariffe sono misurate sul tenore di vita di una fascia molto piccola di popolazione, Il taxi non è alla portata dell'italiano medio, perchè l'italiano medio ha pensato di possedere un'auto propria prima ancora di considerare l'ipotesi che forse andare in taxi ogni volta che è necessario costa meno che dover sacrificare in una volta diversi mesi o anni di duro lavoro. Dove non c'è turismo , nè una classe di persone che capiscano che il vero “lusso” consiste nel farsi guidare da un autista, là non ci sono taxi, nè d'altro canto nessuno ne sente la mancanza, giacchè tutti sono stati da subito e senza riserve conquistati dal demone di possedere un'automobile.

Francesco mi ha consigliato in proposito di leggere un libro che, dice, sembra essere stato scritto apposta per me. Si chiama “Elogio della Bicicletta”, edito da Bollati e Boringhieri, e l'autore si chiama Ivan Illich. Mi affretterò a leggerlo!
Qui mi tocca ricordare per far risparmiare tempo e denaro a chiunque ne abbia interesse che i testi di questo profondo pensatore sono anche visionabili integralmente e gratuitamente sul sito italiano www.altraofficina.it , e che il testo in questione si chiama “Energia ed Equità”.
“Elogio della bicicletta” è certamente un titolo più accattivante, e mi posso solo augurare che molte più persone diano un'occhiata a questo libro magari anche solo per curiosità riguardo al titolo.

Poi, prima di dedicarci a cercare un buon posto dove cenare, abbiamo proseguito attraverso l'università e siamo acceduti ad un'area archeologica con degli scavi in corso, coperti e recintati. Quello spazio era molto piacevole e vi si innalzavano delle torri di mattoni rossi.

Per pasto serale mi sono lasciato consigliare da Mauroo, e siamo finiti in piazza della Vittoria ad un tavolo fuori di un ristorante molto elegante. Abbiamo ordinato un buon vino Bonarda e un antipasto misto, poi come primo un risotto con una salsa fatta con il Bonarda. Ho bevuto volentieri di quel vino, anche perchè sentivo un po' la mancanza del sangue sottrattomi ieri, e quel forte vino rosso mi avrebbe fatto bene.
Poi abbiamo preso ancora un secondo di frutti di mare. Abbiamo parlato e scherzato per ore, e ad un certo punto mi sono accorto di essere allegro, per non dire ubriaco. Per fortuna non c'era traffico ed era tutta zona pedonale o semipedonale, per cui ho guidato il risciò senza particolari pericoli fino a casa. Abbiamo parcheggiato nel cortile fuori e siamo entrati a casa. Nient'altro da dire: sono crollato a dormire come un sasso dopo 1 minuto!

Cormano-Pavia: 44 km


- 2°viaggio: da Genova a Roma - prosieguo del 2°viaggio: da Roma a Cittanova- 3°viaggio: da Cittanova a S.Giovanni Rotondo-
prologo 1°giorno 2°giorno 3°giorno 4°giorno 5°giorno 6°giorno 7°giorno 8°giorno 9°giorno 10°giorno 11°giorno 12°giorno
13°giorno 14°giorno 15°giorno 16°giorno 17°giorno 18°giorno 19°giorno 20°giorno 21°giorno 22°giorno 23°giorno epilogo

home Per informazioni contattare rocco.marvaso@pizzeria-calcutta.com
Copyright © 2008 Rocco Marvaso.