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Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? in risciò da Monaco di Baviera a Genova
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Ottavo Giorno

venerdi 31 agosto 2007

Come andò che a Torri di Confine fui svegliato da un rumoroso netturbino, cominciai col bere una caratteristica bevanda leggermente alcolica e a Vicenza affidai la cura del mio risciò a un'officina di maghi.



I l risveglio da quel sonno piuttosto profondo e indisturbato doveva però avvenire piuttosto presto: è stato il rumore della camionetta della spazzatura a svegliarmi, e certo era un rumore tutt'altro che piacevole. L'uomo al volante ne è sceso, mentre cercavo di ricompormi dallo stato di dormiente.
Erano le 6 e mezza circa.
Era un ometto simpatico sulla cinquantina, il netturbino, che, non so bene ricostruire come sia andato il nostro colloquio mattutino, mi ha in pochi minuti fatto un intenso riassunto della propria vita.
Da giovane ha girato molto dappertutto e avrebbe anche continuato, ma poi sono arrivati i figli, l'esigenza di un'entrata sicura, ecc. Tutte cose che di frequente mi dice molta gente di mezza età incontrandomi per strada, come se la visione di questo trabiccolo colorato provocasse un'ondata di nostalgia per la propria giovinezza, quando si viaggiava spensierati in autostop, si portavano camicie coloratissime e si propagava l'ideale dell'amore.
Armando è una cara persona, un testimone di Geova, e come tale tendente ad una ars retorica lievemente aggressiva. Ma trovo questo dialogo molto costruttivo, qui, per la strada, nei primi raggi di sole con quest'uomo che mi fa tenerezza, che magari vent'anni fa era così convinto delle proprie azioni "rivoluzionarie" come lo sono io adesso, ed ora pensa soprattutto al benessere dei propri figli – è difficile peraltro convincere un cristiano che basa la sua vita sul valore assoluto del giudizio universale e della fine imminente del Mondo, che è necessario ampliare il concetto di amore per il prossimo alla totalità del Creato, e che se anche il Mondo finisse domani, non sarebbe una buona scusa per sacrificare una etica ecologica nel quotidiano all'etica antropocentrica di cui in genere noi, come gli altri monoteisti, siamo intrisi fino nelle viscere della cultura.
Armando mi consiglia accomiatandosi di leggere un libro diffuso fra i testimoni di Geova, intitolato “Cosa insegna realmente la Bibbia”.
Alla prossima stazione di servizio ho fatto colazione e dato un'occhiata al giornale vicentino: i soliti delitti compiuti da extracomunitari in prima pagina. Ero così con la testa fra le nuvole mentre mi godevo un cappuccino caldo e mentre discutevo di non so quale notizia con un altro avventore del bar, che andando via di là mi sono reso conto solo mezz'ora dopo di non aver pagato il conto. Mi dispiace, ma davvero non potevo tornare indietro per pagare... e quando sono uscito non mi hanno neanche detto niente!
Il resto della mattinata l'ho trascorsa pedalando verso Sovizzo, il paese dov'ero atteso. Il tempo era sereno, ma un vento che spirava verso ovest rallentava un po' la mia marcia. Su di un cavalcavia alto sopra l'autostrada mi è anche capitato di dovermi fermare e indossare una giacchetta per via del vento.

Intorno a mezzogiorno mi sono fermato per mangiare qualcosa presso un ristorante circondato dai campi coltivati, ma purtroppo là non è stato possibile ordinare nulla, era una cucina per lo più per matrimoni e ricevimenti. Ma tanto ormai ero già quasi arrivato ad Altavilla Vicentina, e una volta raggiunto questo paese ho abbandonato la strada 11 per dirigermi verso il centro di Sovizzo, che si trova a nord di Altavilla, ai piedi delle colline.
Davanti al municipio di Sovizzo mi attendevano alcuni membri della giunta comunale, e la simpatica addetta alle relazioni con il pubblico del Comune, che ha preparato delle domande per scrivere un articolo su un giornale a diffusione provinciale, il Corriere Vicentino. Poi ho avuto il piacere di accompagnare due assessori in giro per la cittadina, ed essere da loro condotto per le vie del paese, attorno al monumento ai caduti, e alla villa Curtis, mentre ci venivano scattate alcune foto.

per le strade di sovizzo in risciò


Ci sarebbero stati un sacco di altri bei luoghi da visitare sul territorio comunale, e mi sono ripromesso di visitare i colli dei dintorni al prossimo transito. Per ora mi sono accontentato di accettare delle cartoline molto belle distribuite dal comune.
Dopo la corsa per il paese mi è stato offerto da mangiare e soprattutto un tipico spritz rosso che ho bevuto chiacchierando con gli assessori nel bar del municipio. Questa piccola città e la sua giunta mi hanno dato l'impressione di un paese di modeste dimensioni, ma molto fiero della propria identità.
Da Sovizzo raggiungere la città di Vicenza non è così immediato come sulla cartina stradale. Fatto sta che ad un certo momento sono entrato in un centro abitato convinto di essere nella periferia di Vicenza, e chiedo dove sia il centro, e quello mi dice che un centro vero e proprio non c’è, piu che altro un baretto e un muretto dove la gente si incontra. E si che Roberto -il mio amico che per un periodo a Vicenza ci ha lavorato-, mi aveva parlato di un paesotto di quattro case, ma da un capoluogo di provincia mi aspettavo qualcosa di più. Equivoco: ero nel limitrofo paese di Creazzo.
Appena fuori del centro storico di Vicenza c’è un supermercato con un posteggio sotterraneo per i clienti. Là compro soprattutto da bere nei cartoni del tetrapack, e qualcosa da mangiare. Parcheggio in mezzo ai gipponi, tipiche auto che in città sono adibite dai villani al trasporto delle derrate alimentari dal frigo del supermercato alla cella frigorifera di casa. E mi sento un po’ più automobile anch’io. In fondo da quando ho una bicicletta ho smesso di aver bisogno di tenere acceso un frigorifero a casa: con la bicicletta vado e torno in pochi minuti dal supermercato, e posso comprare ogni giorno le cose fresche di cui ho bisogno. Compro confezioni piu grandi di un prodotto fresco non per avere di più spendendo meno (rischiando che il di più vada a male), ma perchè ho in previsione di dover sfamare il giorno stesso un numero maggiore di persone. Non disponendo di un grosso bagagliaio, sono costretto volente o nolente a tralasciare cose superflue. Qui non ho fatto eccezione. Ho comprato un pacco di pane secco, un pezzo di formaggio e dell'affettato fresco. Ho ancora un sacco di mele del Trentino con me.

Attraverso il centro storico pedonale situato su un leggero pendio arrivai in discesa fino alla piazzetta con l'ufficio informazioni per i turisti, di fronte a Palazzo Chiericati. Le domande erano: dove dormire stanotte? Dove trovare un buon meccanico di biciclette, che mi centrasse le ruote? La prima era una tipica domanda da turista, e l'impiegata mi ha indicato innanzitutto l'ostello olimpico proprio là a cento metri, in piazza Matteotti, e mi ha anche dato un'enciclopedia con tutti gli agriturismi e i bed&breakfast del Vicentino e del Padovano, nel caso che mi fossi ancora oggi incamminato verso Padova.
Per quanto riguarda la riparazione della bicicletta non era preparata a questo tipo di domande evidentemente non appartenenti alla fenomenologia classica del turista, quindi mi ha fornito una direzione, al di là del fiume, dove ci sono alcune botteghe.
Una di queste, oltre il fiume Bacchiglione, era piena di biciclette in riparazione, quindi il proprietario mi ha fatto un disegnino per arrivare sino alla bottega più grande del fratello, che si chiama 'Bike and More' ed è in via Ca’Balbi.
Percorrendo questa via che mi dovrebbe portare ad una rotonda da cui girare verso Ca’balbi mi imbatto in una pasticceria che sta per chiudere, e a quella bionda commessa, dal dolce accento veneto che mi rollava piacevolmente non solo nelle orecchie ma anche nel naso e nella bocca, chiedo che cosa ci sia di tipico qui. Mi dà una specie di panettoncino con l’uvetta, e mi prospetta presto la possibilità di aggiudicarsi una cosa tipica di Padova chiamata “puttana padovana” che si fa mettendoci dentro un po di tutto dei resti della pasticceria, da cui il nome... un bordello.
Lungo questo vialone saltellando lentamente da una buca nell'asfalto all'altra ho visto che sulla mia sinistra si andava per la caserma degli americani, un suolo militare americano circondato dal suolo vicentino, una specie di Città del Vaticano a stelle e strisce. Ora da qualche parte alla periferia vicentina è stato disposto di riservare alla US army un'area molto più grande, e già a Monaco e a Praga avevo nel corso dell'estate incontrato spesso gruppi di veneti che dichiaravano la loro avversione a questa decisione piombata sulla popolazione senza possibilità di dibattito pubblico. Gli Americani avrebbero comprato i politici locali per consentire questa operazione anche senza il consenso popolare.
Poi la strada mi porta ad una rotatoria di traffico tridimensionale,concepita come un piccolo ottovolante. Chiedo scusa agli automobilisti che hanno dovuto pazientare anche 10 secondi dietro di me mentre affrontavo con la marcia più leggera la salita paurosa che costituisce la rotatoria stessa, per poi ridiscenderne dalla parte opposta, via Ca'Balbi appunto.
Andando ancor dritto per un bel pezzo finalmente verso le 5 sono arrivato al negozio. Ho parcheggiato sul piazzale davanti, e ho chiesto al titolare se mi poteva centrare le ruote. Appena ha potuto si è dedicato a me, ha tirato fuori un treppiede proprio adatto ad alzare il telaio posteriore del risciò come fosse un crick. E ha giostrato con il tiraraggi con una velocità che a me è parsa mirabolante. E mentre girava a vuoto la ruota, si è accorto che il freno idraulico posteriore aveva qualche problema, che non frenava bene, e che il serbatoio dell'olio era troppo pieno. Esce fuori anche il figliolo, che se ne intende di freni idraulici, e dopo che ci armeggia un po' mi consiglia di ripassare l'indomani mattina per le 8 e mezza, perchè ora sta per chiudere.
Questo escludeva la possibilità di proseguire stasera per Padova, che è la mia prossima meta. Tornando indietro poi ho fatto una deviazione per l'hotel nelle vicinanze della rotonda di traffico, in cui i meccanici mi hanno consigliato di provare a pernottare. Ma appena entrato nel cancello mi sono accorto che era un hotel per gli americani in visita. Ed i prezzi erano anche loro un po'...americani.
Ho deciso quindi di provare all'Ostello “olimpico”, in via Giuriolo nel centro. Lungo il tragitto indietro per tornare nel centro, ho incontrato un vecchio biciclettaio di fronte alla sua bottega, circondato da altri uomini. Si chiama Bruno Fabris. è una officina meccanica che funziona anche come punto di aggregazione sociale. Vengo invitato a fermarmi, a bere qualcosa con loro, e il biciclettaio mi invita nell'interno della bottega, dove assieme a biciclette moderne trovavano posto anche cimeli del passato, come una bicicletta-triciclo dell'anteguerra. Qualcuno dei più vecchi mi raccontava di come fosse stato un trauma assistere impotenti all'avvento dell'era dell'automobile, che di fatto ha ridotto la mobilità cittadina, e di quanto sia stata inefficace la creazione di alcune piste ciclabili nella città.
Sono per lo più tratti separati dalla viabilità, non utili al fine dello spostamento personale, ma invece utili all'arricchimento delle ditte che le devono costruire, e che sono magari anche le stesse che vengono pagate per (non) fare la manutenzione delle strade,e utili al lustro che ne possono fare i locali politici che le hanno fatte costruire. Per il resto sono francamente ridicole.
All'ostello c'è posto per me, il problema inizialmente sembra essere il risciò: per nulla al mondo lo lascerei incustodito là fuori, per di più nel centro della città. Ma dopo un po' di riflessione il capo dell'ostello ha accettato di introdurlo dentro nottetempo.
Pago con il bancomat 17.50 € per letto e colazione. è uno di quegli ostelli con camere con i letti a castello come in una caserma. Il posteggio principesco nell’atrio della reception non costa niente e mi provoca una certa sensazione di piacere, come se il risciò fosse una sorta di ospite d’onore venuto da lontano.
Sono stanco morto la sera in ostello: due notti di sonno breve incidono sul fisico di ognuno. D’altro canto ho voglia di stare un po fuori in questa bella città piena di gente in questo fresco venerdi sera, in cui pian piano subentra il sentimento del settembre.
Così dopo essermi lavato, aver lavato i panni sporchi ed essermi rivestito bene, e dopo aver fatto ancora un pisolino pre-serale, sono andato a passeggiare per le vie del centro, finchè non mi è venuta fame e non mi sono fermato a mangiare ad un tavolino all'aperto di un ristorante dove era seduta molta gente. Ho ordinato dello stoccafisso, che qua è una specialità, e un sano quartino di vino bianco.
Dopodichè, stanco, satollo e soddisfatto, ho dormito bene come un re, ed anche se i miei compagni di stanza mi avessero azionato la tromba bitonale nelle orecchie, non mi sarebbe importato più di tanto.

Torri di Confine- Vicenza: 25 km


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