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Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? in risciò da Monaco di Baviera a Genova
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Tredicesimo Giorno

Mercoledi 5 settembre 2007

Come andò che a Mantova mangiai nell'osteria delle 4 *****, proseguii per Parma scoprendo una nuova ricetta, e arrivai a Parma in un albergo alla "apriti sesamo".



G rande felicità ho tratto dall'aver pernottato in questo pensionato piuttosto che altrove. Certo non è un hotel a 4 stelle, e neanche a tre o a due, ma il valore umano di questo posto è grandissimo.
Dopo che siamo usciti tutti quanti assieme al custode dall'albergo, che infatti di giorno rimane chiuso, ed ognuno ha preso la sua strada, io ho dato un passaggio ad un giovane che aveva anche lui dormito là, e l'ho accompagnato fino alla stazione. Era un marocchino che cercava un lavoro e girava da città in città chiedendo aiuto ai suoi parenti e compatrioti sparsi nella penisola. Gli auguro di avere più fortuna. Lui mi dice fra il serio e il faceto che io sarei "Ibn Battota". -Ma chi è?- Ibn Battota sarebbe una specie di eroe azionale marocchino che ha fatto un sacco di strada a piedi, attraversando diversi paesi, per raggiungere la Mecca.
La città di Mantova mi appare, come forse ho già suggerito, più emiliana che lombardo-veneta, per esempio le strade sono ben tenute, e anche se le vie del centro storico sono pavimentate a ciottolato, il che è un continuo strapazzo per le sospensioni di un veicolo veloce, questa superficie è regolare e non piena di buche e rattoppi sconnessi come in altre città storiche.
Questa mattina alla stazione di Mantova si percepisce che è un giorno speciale: oggi infatti si inaugura il festival della letteratura, un evento che in pochi giorni porta in città un numero ingente di visitatori, più di qualunque altro evento cittadino.
L'aria è limpida e fresca, le piazze ancora bagnate sono lentamente toccate dal sole. Qualcuno che mi vede passare sul risciò mi avvisa che oggi c'è un articolo su di me sul giornale. Me ne faccio dare una copia e me lo vado a leggere ad un tavolino del caffè in piazza Sordello, mentre ordino qualcosa per colazione. Intorno a me già comincia il trambusto degli stand all'aperto delle società promotrici, con il contorno di eleganti hostesses e indaffarati studentelli in divisa da promoter con la tessera del festival appesa al collo. Intanto sul giornale mi faccio un'idea vaga di quello che accadrà oggi e nei prossimi giorni, gli ospiti, i libri, le critiche.
In quel mentre passa di lì l'uomo dall'aspetto fine e curato che ieri aveva pernottato nel pensionato. Era vestito in modo impeccabile come un manager d'alto rango e teneva in mano una cartella nera. Un Lebenskünstler, un avventuriero, che si intrufola fra gli invitati del festival e vende stampe che conserva in quella cartella. Detta così sembrerebbe trattarsi di un povero mascalzone, invece ascoltando la storia della sua vita che mi riassumette nel giro di 10 minuti, mi devo solo togliere tanto di cappello. È già da giovanissimo entrato nel mondo del giornalismo ed è arrivato a livelli dirigenziali, ma a quel punto ha capito che doveva fare qualcosa per aiutare i più sfortunati. Così è andato in India e ha lavorato a cofinanziare dei progetti di aiuto alla popolazione più derelitta. Per sostentare questa attività ha fatto i mestieri più diversi, per esempio la guida subacquea, e trascorre ancora adesso, che è già oltre i quaranta, i mesi invernali nell'Oceano Indiano.
Allora gli ho chiesto se non pensasse che sia più sensato aiutare le persone nel proprio ambiente piuttosto che andare ad aiutare quelle in India, considerato che per andare ad aiutare qualcuno in India contribuisce notevolmente allo sconvolgimento del clima, bruciando con l'aereoplano ingenti quantità di combustibile fossile. Ci sono in India persone abbienti a sufficienza che possano adoperarsi per i poveri. Ma l'India é evidente anche per lui, come per altre persone che conosco, un bel posto dove vivere, non importa con quale attività.
È probabile che la prossima volta che andrà in India rifletterà sulla possibilità di arrivarci senza dove volare, per esempio via mare, che è di sicuro la via con un miglior rapporto dispendio energetico-tempo di percorrenza.
Esisto infatti navi mercantili che, attraverso apposite agenzie, offrono cabine passeggeri per coloro che per vari motivi non tollerano un volo transcontinentale. Una piacevole traversata di qualche giorno.

Alla fine di un lunghissimo dialogo su che cosa sia che fa felice l'uomo, mi ha voluto svelare una sua perla di saggezza: ”Noi siamo come i delfini, per essere felici abbiamo bisogno di sole 4 cose: mangiare, dormire, fare all'amore e giocare”.

Dopo essermi rovinato il buonumore leggendo l'articolo di mediocre qualità scritto da quel giornalista che ho incontrato ieri per strada e che non si è neanche firmato, mentre pedalavo a passo d'uomo in p.za Broletto osservando un pittore che dipingeva en plain air, ho incontrato diversi fotografi che volevano fotografarmi, e altre persone che erano là per visitare il festival della letteratura, e che volevano farsi fare una foto assieme al risciò.
Qualcuna di queste persone con cui ho parlato per qualche minuto mi ha poi chiesto se fossi originario del Veneto. Io? No anzi, non ero mai stato prima d'ora in territorio veneto per più di due giorni di seguito, ma evidentemente il mio tragitto fra Trento e Castel d'Ario attraverso i territori di Verona, Vicenza, Padova e Rovigo ha lasciato le sue tracce tangibili nella mia parlata, che altrimenti è di accento prevalentemente ligure.

in risciò a piazza Broletto a Mantova


Mentre questo capannello di gente mi gironzolava attorno è venuto a vedere un ometto sulla quarantina, con una vocina gentile, che abita là in quella piazza ed è il gestore del lbar Lasagna, all'angolo di piazza Broletto. Dileguatasi la folla rimango a parlare un po' con Claudio, che mi racconta un po' della sua vita e del suo quotidiano, imperniati sul suo bar. Siccome oggi tiene chiuso e apre solo nel pomeriggio, gli propongo di mostrarmi qualcosa della città, in particolare di farmi vedere dove sono le trattorie dove si mangia bene senza farsi spennare. Ci sono 3 locali che farebbero al caso mio, e sono situati in posti poco frequentati dai turisti. Uno di questi, un ristorante dalla storia pluridecennale, porta un curioso nome che non svelerò per evitare che diventi una meta turistica. Lungo questo piccolo giro turistico-topogastronomico ci capita di incontrare altri mantovani doc, per esempio un prelato, e un giovane amico, Daniele Bottura, che ha pubblicato un libro intitolato “Translatlantici di carta”, ha fondato la rivista letteraria “Lacio drom” e lavora a Mantova -era in pausa quando siamo passati in strada-. Incontriamo anche la mamma di Claudio per strada, ma non riusciamo a convincerla a salire a sedersi con noi.
Finiamo quel giro di nuovo da dove siamo partiti, a piazza Broletto. All'angolo sulla strada c'è una pizzeria al taglio, che si chiama “Da Ketty” dove per curiosità sono entrato a vedere se c'era qualcosa di particolare.
La particolarità è che là fanno anche la farinata di ceci, una specialità ligure che non pensavo di trovare anche altrove. Ne ho ordinato un pezzo da assaggiare ed era davvero buona!
Intanto mentre sbocconcellavo la farinata è uscito fuori dalla cucina il pizzaiolo, Stefano, un uomo robusto e gioviale, che appena ha saputo che venivo da così lontano ha insistito per regalarmi un cabaret di tranci di pizza assortita.
Questo gesto, che in altri tempi doveva essere la norma, quando la maggior parte della gente viaggiava a piedi o su un carretto a cavallo, è invece oggigiorno qualcosa di inusuale, benchè converrete con me che un po' di quell'istinto di accogliere ed aiutare il viandante sconosciuto è nascosto in ognuno di noi.
Raramente lo riusciamo a far emergere da questa parodia di stile di vita borghese che ci imprigiona in schemi di comportamento basati su egoismo quotidiano e generosità rituale. Ci accorgiamo del male che affligge uomini in altri continenti ed in contesti completamente avulsi dal nostro, assolvendo così il nostro dovere rituale (donazione in denaro) verso un prossimo che non incontriamo e che magari non vogliamo incontrare, e tramite questo obolo spesso ci sentiamo assolti dal bisogno/dovere di aprire il cuore verso le persone che ci camminano accanto per la strada nella vita di tutti i giorni. Penso che sia quello che Gesù intende raccontando la parabola del buon samaritano. Penso che la mia gioia ricevendo quei tranci di pizza non era maggiore della gioia che provava il pizzaiolo nel fare questo gesto di amicizia. Che Dio lo benedica.

Dopo questo sostanzioso aperitivo ero pronto per il pranzo, per aver poi il “carburante” sufficiente per fare uno sprint fino Parma.
Ho parcheggiato in quell'incrocio di strade strette meglio che ho potuto e sono entrato nel locale dal curioso nome popolare. Era una piccola trattoria come tante, ma anche ben frequentata, il tipico posto dove si ritrovano a mangiare e bere allo stesso tavolo il professore e l'operaio, il manager e il prelato, il dottore e lo studente.
Sono stato assegnato ad un tavolo assieme con un signore distinto, la cui compagnia in quella mezz'ora di genuina gastronomia è stata in definitiva per un visitatore di Mantova come me molto più costruttiva che le pietanze stesse. Avrei mangiato il risotto alla pilota, ma era già finito, così mi sono dedicato ad un bel minestrone di verdure (finalmente, dopo due settimane di vana richiesta) e ad una pasta con un sugo di carne, prosciutto e verdura; inoltre abbiamo condiviso un mezzo litro di vino rosso. Il mio dirimpettaio mi ha raccontato per filo e per segno la storia politica del Mantovano dalle origini ad oggi, di come una famiglia di potenti allevatori di cavalli delle campagne circostanti, i Gonzaga, abbia conquistato l'egemonia economica e politica e mantenuto il dominio sulla città per secoli. Di come il principato, tanto piccolo quanto economicamente forte, fosse poi stato ambito dalla repubblica di Venezia, ma infine per la sua geografia annesso alla Lombardia. Di fatto il Mantovano è culturalmente una regione a sè, circondata da Lombardia, Veneto ed Emilia.
Poi prima di andarsene dal locale, è uscito il cuoco tutto imbrattato dalla cucina per vedere il mio veicolo là fuori, e mi ha espresso i suoi più vivi complimenti. Ed io altrettanti a lui! Mi ha anche rilasciato un autografo, che esprimeva graficamente il significato del nome del locale. Qui il lettore mantovano dovrebbe aver capito di quale locale parlo...
Ho lasciato questa simpatica città, in cui spero di tornare presto, nella calma delle 2 di pomeriggio. Ho pensato: ora dò un po' di “gas”, e con un'andatura di 15-20 km all'ora in 3-4 ore sono a Parma.
Ma altre cose mi avrebbero distolto da questo proposito una volta imboccata la statale 420.
Un motivo era la bellezza del paesaggio. Lungo quella strada in pianura, con i campi tutt'attorno, ogni tanto delle baracchette dove qualche contadino vendeva angurie e meloni, e quel cielo sereno, quell'aria limpida e quei toni caldi, mi accorgevo di tanto in tanto di essere finito dentro un paesaggio dipinto da Induno o da un qualche altro pittore lombardo dei tempi delle guerre d'indipendenza. L'odore era a tratti nuseabondo: dovuto probabilmente alla gran quantità di letame sparso nei campi per fertilizzare il terreno.
Mi sono fermato presso una di queste baracche, dove dei vecchi vendevano le angurie ma soprattutto passavano il tempo in compagnia giocando a carte, e mi sono seduto un po' con loro a mangiare una fetta di anguria e a scherzare un po' con loro, mentre un ranco di gattini ci giravano attorno festosi.
Con un'anguria intera poggiata sulla pedana me ne sono andato via da lì e ho proseguito, ho attraversato l'Oglio presso Gazzuolo e poco dopo ,quando mi è venuto appetito, mi sono infilato in una stradina e ho parcheggiato di fronte ai cancelli di una villa per una fantastica pausa-spuntino, con una scatoletta di zuppa di lenticchie col cumino e le friselle di pane. Mentre mi riposavo un po' dopo questo break ascoltando la radio, sono sopraggiunti due uomini su un'auto, che mi hanno fatto un sacco di domande e di complimenti, e mi hanno chiesto di fare delle foto con me e con il risciò. Mi hanno anche invitato a visitare il loro paese, Commessaggio, che si trovava a qualche chilometro da là in direzione Parma. Ci siamo dati così appuntamento nel bar dell'oratorio che si incontra all'ingresso nel paese appena usciti dalla statale 420. Quando sono arrivato a questo bar loro non erano ancora arrivati, così ho pensato di girare un po' questo paese da solo per guadagnare tempo – erano già passate le sei - , e mi sono diretto verso il Navarolo, che è un'attrazione del parco dell'Oglio, e l'ho attraversato a piedi. Si tratta di un ponte che si regge su una fila di barconi galleggianti, e mi ha ricordato la storia del re Dario che attraversa i Dardanelli con il suo esercito su un ponte di barche. è un ponte che quando il fiume è in piena descrive un arco diretto verso l'alto, mentre ora era notevolmente arcuato verso il basso.
Quindi sono tornato a questo locale e ho ordinato un cappuccino. Era un locale che apparteneva ad un complesso parrocchiale a cui appartiene anche un campo sportivo costruito accanto. Era un posto che mi ha fatto molta impressione, perchè diversamente dai locali dove sono stato negli ultimi anni, qua si riunivano nello stesso posto persone di fasce di età molto diverse. I vecchi dai 45 in su giocavano a carte ad una tavolata, e gridavano fra loro come dei cani rabbiosi, e i più vecchi erano quelli che urlavano di più. Al tavolo accanto invece ragazzini e ragazzine fra gli 8 e i 18 anni giocavano anche loro assieme a carte, ma con molto più giudizio.

in risciò a Commessaggio


Infine questi due “ammiratori” sono arrivati e ci siamo seduti ad un tavolo fuori. Erano architetti attivi nel territorio di Commessaggio, e mi hanno mostrato alcuni loro edifici proprio là attorno. Parlando con loro e bevendo un aperitivo -era già il tramonto- il discorso verte sul mito di Tazio Nuvolari. È stato un pioniere dell'automobilismo, quando l'automobile era ancora un aggeggio avveniristico e poco maneggevole: si racconta che durante una delle prime gare automobilistiche si sia staccato il volante dal mozzo del suo modello, e il Nuvolari senza scomporsi manovrandolo con una grossa chiave inglese ha continuato a correre come nulla fosse ed ha pure vinto la corsa.
Già che eravamo in tema di corse era arrivato il momento di rifletterci: perchè centinaia e migliaia di persone vanno incontro a morte quasi certa con le loro motociclette su e giù per i tornanti del Brennero? La risposta, questa l motivazione addottami, è che questa attività, che io ignoro completamente, serve a secernere adrenalina, una sostanza che dà al corpo un “scossa” positiva. Ma per la miseria!
Esistono certamente modi molto meno dispendiosi per produrre questa sostanza. Perchè dover comprare e mantenere una motocicletta se si può a rischio di vita e a costo economico molto inferiori tuffarsi in acqua da un alto scoglio, o buttarsi da una rupe con il parapendio? Un'altra cosa interessante che ho imparato da questa chiacchierata è stata la vera ricetta del risotto alla pilota, che non significa che sia una pietanza dedicata a Tazio Nuvolari, bensi è una parola che indica il modo di cuocere il riso con il soffritto. Non l'ho mangiato a Mantova, ma me lo posso un'altra volta cucinare a casa mia!
Poco pù avanti sulla statale sono stato fermato da due vigili sulla volante. Mi hanno chiesto i documenti, mi hanno fatto alcune domande, e poi con un tono meno ufficioso il capo dei due mi ha chiesto:”ma non le sembra che il sellino sia troppo alto? Se lo abbassa fa un bel po' di fatica in meno, sa, io sono anche ciclista ..blablabla... e le luci ce le ha tutte le luci? Perchè blablabla...mentre annuivo a questo fiume di raccomandazioni quel poco di preziosa luce diurna che ancora mi rimaneva se ne andava a poco a poco.
Ho percorso la statale 343 per raggiungere Parma, attraverso una lingua di terra cremonese, nel buio completo, e senza vederlo nè sentirlo ho attraversato il fiume Po. Quello che ho però sentito pesantemente sotto di me è stato il fondo stradale. Un susseguirsi di cunette trasversali che interrompono il manto stradale a intervalli di pochi metri e che mi impedivano di proseguire più speditamente di un uomo a piedi. Gli automobilisti dietro di me erano spazientiti di questo discreto rallentamento, tuttavia temo che quelli che danno gas su quel tratto di strada si accorgeranno presto di aver compromesso le proprie sospensioni.
L'ultimo tratto di strada invece è stato spedito, rettilineo e anche alquanto refrigerante. Quando mi sono fermato per la cena, ormai alle porte di Parma, mi sono accorto che avevo le mani rattrappite dal freddo. È un umido e fresco clima continentale.
Mi sono fermato un po' anche per riscaldarmi, e per informarmi sulle possibilità di dormire a Parma, se non addirittura chiedere direttamente se avevano dove alloggiarmi direttamente presso il ristorante. Erano le 9 di sera e non avevo voglia di girare di albergo in albergo a chiedere un prezzo politico. L'oste del ristorante era un giovane molto gentile, che si è preoccupato di telefonare all'ostello della gioventù di Parma, che tra l'altro è un albergo ultramoderno di recente apertura, annunciando il mio arrivo nelle prossime ore.

Il Ristorante-bar, posto su un punto di transito veloce sulla statale, si chiama “Dal Bagolo” e vi ho mangiato una amatriciana e due fette di maiale con insalata + vino barbera. È piccolo, accogliente, elegante, e si mangia bene.
Ho un po' esagerato con l'ordinazione, infatti dopo la sostanziosa amatriciana il secondo è andato giù a fatica, seppur egregiamente incoraggiato dal buon vino. Anche il prezzo era onesto: 13€ per una signora cena. Mi sono accorto improvvisamente di essere in terra Emiliana, un po' per via dell'accento dell'oste e dei suoi familiari, un po' per la generosità della cucina che mi era sempre già stata decantata da più parti. Prima di andarmene l'oste mi ha ancora spiegato a menadito come arrivare all'ostello, siccome avrei incontrato degli snodi viarii, la tangenziale, e dovevo stare attento a non perdere di vista le indicazioni. L'ostello si trova in via S.Leonardo, e per arrivarci uscito dalla statale ho attraversato una zona industriale.
L'ostello è nuovo di zecca, circondato da un'ampia cancellata e aperto 24 ore su 24. Dopo aver parcheggiato davanti all'entrata anteriore ed essermi annunciato alla reception, Il ragazzo che mi ha accolto nella portineria mi è venuto ad aprire una porticina posteriore, dicendomi di fare il giro dietro il palazzo per posteggiare a fianco della sua auto, più al sicuro da ospiti malintenzionati. Sugli scalini davanti al portone d'ingresso ho offerto un po' della mia anguria mantovana a due ospiti dell'albergo che stavano seduti là fuori. Poi ho portato all'interno dell'albergo i miei bagagli attraverso l'entrata posteriore dell'edificio, e ho sbrigato la registrazione con i documenti e i soldi: dormire qui una notte costa 17.90 €. Il portiere notturno è un giovane molto semplice e tranquillo, e per non so più quale motivo ha preso a raccontarmi delle sue storie d'amore felici e infelici. Boh, forse fa parte della cultura dei parmigiani, parlare dei propri sentimenti con il primo che passa. Intanto mi accorgo che c'è a disposizione degli ospiti un computer collegato all'internet, quindi passo ancora una mezz'ora a rispondere alle mails e a fare altre operazioni urgenti. Poi il ragazzo mi aiuta a portare su le valigie e mi mostra la stanza.
La porta si apre con una tessera magnetica, e con la stessa tessera si accendono e si spengono le luci della stanza.
Non sono l'unico ospite della stanza, e qualcuno sta già dormendo, quindi faccio piano per lavarmi e cambiarmi, e infilarmi sotto le coperte, purtroppo al buio perchè con l'accendere e spegnere le luci ancora non ho acquisito il tocco magico.

Mantova-Parma: 64 km



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