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Il risciò: L'unica utilitaria davvero ecosostenibile: fa mediamente 100 km con un kg di pasta e ci vai praticamente ovunque. E la tua? in risciò da Monaco di Baviera a Genova
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Undicesimo Giorno

Lunedi 3 settembre 2007

Come andò che, partito da Conselve la mattina, arrivato a Rovigo rilasciai un'intervista, poi a Villa Bartolomea cenai presso un artista e dormii presso un fattore e il suo babbo, che erano uguali come due gocce d'acqua.



P urtroppo non mi suona la sveglia e non posso andare con padre Angelo alla messa delle sette, e mi risveglio solo poco prima del suo ritorno.
Mi offre un caffè dalla macchinetta e in quell’occasione gli parlo con una loquacità che non spesso ho appena sveglio, cercando di spiegargli tuttala mia storia, che ieri non avevo avuto modo di raccontargli. Gli racconto con quella pur poca dimestichezza che ho con le parole della Fede di come dietro l'idea di compiere questo viaggio ci sia stato un ricco sottosuolo spirituale, anche se magari a primo sguardo non si direbbe.
Come un torrente in piena mi rivolsi al parroco su cose che da un bel po' mi ronzavano in testa, se non sia una violazione della humilitas cristiana il proposito di impiegare le proprie forze e le forze degli altri per aiutare persone che vivono all'altro capo del mondo, tralasciando la fame -spirituale- dei propri vicini, se non sia questo il senso della carità e della parabola del buon samaritano. Se non è d'accordo, che essere generosi con i beni di consumo nei confronti di se stessi e verso il prossimo non è un comportamento umile, che una condotta di vita cristiana porta con sè necessariamente anche un comportamento "ecologista" nella vita quotidiana.
Il padre ha capito le mie motivazioni forse meglio di ogni altro che ho incontrato finora, mi comprende e condivide quest'ansia positiva. Lui viene da Brescia, e fa quello che può in questa comunità a cui è stato assegnato, e si deve confrontare ogni giorno con il culto del consumo e della ricchezza che corrodono le persone e la loro capacità di amare il proprio vicino e di amare lo straniero.
A padre Angelo un accorato arrivederci, una benedizione ed un grazie di vero cuore.

Ora mi sono accorto che probabilmente ho dimenticato il mio quaderno-taccuino al ristorante dove ho mangiato ieri sera, così ritorno indietro a Terrassa Padovana, ma proprio quando il proprietario mi ha detto che non hanno trovato niente mi viene in mente dove l'avevo nascosto fra le mie cose! 6 chilometri a vuoto!
Già che sono là compro il Mattino di Padova all'edicola a fianco e getto un'occhiata ai titoli mentre bevo un cappuccino al bar del ristorante di ieri sera. Che sorpresa constatare che i temi del discorso tenuto dal Papa ai giovani di tutto il Mondo ieri a Loreto sono pressappoco gli stessi che ci sono sorti spontaneamente mezz'ora prima parlando con padre Angelo!
I successivi 30 chilometri sono privi di eventi particolari: il tempo continua ad essere sereno, senza vento, e nella tarda mattinata diventerà anche molto caldo. Quindi meglio sfruttare le ore fresche del mattino. Dopo aver lasciato dietro di me Anguillara Veneta e attraversato ancora una volta l'Adige, lo stesso che avevo lasciato a Verona, intorno a mezzogiorno faccio il mio ingresso a Rovigo, una piccola città ordinata, che forse già rientra in quell'orbita di civiltà e ciclocultura irradiata da Ferrara.

per le strade di rovigo in risciò


In teoria oggi dovrei arrivare ancora fino a Legnago, ma anche se non fosse mi basta arrivare domani in giornata a Mantova.
Rovigo è proprio una città carina, con delle architetture piacevoli, e piuttosto ben tenuta. Appena arrivato lungo la via lastricata ben tenuta nel centro, sono rimasto particolarmente colpito da alcuni poliziotti in servizio che giravano in bicicletta. Non ho potuto resistere dal salutarli e complimentarmi con loro. Non avevo mai visto in italia dei poliziotti in servizio in bicicletta.
Finchè in una città o in una regione gli stessi stimati tutori dell'ordine non iniziano a servirsi, e con una certa efficacia, di agili biciclette piuttosto che di automobili o moto, non si può sperare che un buon numero di persone si renda conto di non aver bisogno di un'automobile, ne ci si può immaginare che chi utilizza per i propri spostamenti una bicicletta non si debba per questo sentire un “alternativo” o identificarsi con un qualche gruppo anticonformista ed autocompiacente. Questa è purtroppo oggi la realtà nella gran parte dell'Italia che ho conosciuto finora.

L'esempio è l'unico modo non traumatico e non coercitivo per cambiare i costumi delle persone, come ben può dire qualunque pubblicitario.

In una stradina che porta verso piazza Vittorio Emanuele ho poi incontrato fra le tante bancarelle del mercatino multiculturale chiamato “Eurovigo” organizzato annualmente dalla città per il settembre, una coppia ucraina che vendeva oggettistica militare dell'esercito del loro paese. Sullo sfondo dello stand era appesa una riproduzione di un conosciuto dipinto storico opera di ilja Rjepin, raffigurante la scrittura della lettera dei cosacchi al pascià turco. L'uomo del mercatino russo ha insistito per provare a guidare il risciò, e considerato che qui il fondo stradale era buono e non c'era pericolo di automobili, essendo area pedonale, gliel'ho affidato per qualche minuto. Intanto ho trovato fra le varie attrezzature militari un aggeggio pieghevole che a seconda della necessità poteva funzionare da forchetta, coltello o cucchiaio. Questo è utile, perchè se capita di essere in un posto dove non c'è niente da mangiare e si hanno con se delle scatolette di zuppa, di carne o di pesce, con un po' di pane e con quelle posate si ci può con poca spesa permettere un lauto pranzo. Intanto rendendomi conto che un piatto di pasta e fagioli non lo si trova neanche a pagarlo oro, ho cominciato a pensare di arrangiarmi con i fagioli in scatola, appunto.
Quando l'uomo è tornato dal suo giro di prova era felice come un bambino, e mi ha voluto regalare questo gadget che avevo preso in mano per comprarlo.
Quindi sono arrivato nella piazza Vittorio Emanuele, che sembra essere il centro della città. Qui con calma ho visitato sotto i vari tendoni ed ombrelloni gran parte degli stand aperti su tutti i lati della piazza soleggiata. C'era un banco di salumi dall'Austria, dove facevano anche il Kaiserschmarrn, quel sostanzioso piatto che abbiamo mangiato passando da Innsbruck la settimana scorsa, c'era un banco di saponi e saponette di tutti i tipi dalla Francia del sud, un grande bancone dei salumi dalla Toscana, il cui proprietario, con cui ho parlato per una buona mezz'ora, aveva una fisionomia particolare, un po' suina, forse a forza di stare con i maiali... e ancora uno stand di liquirizie e derivati dalla liquirizia, che proveniva dalla Calabria. Ho assaggiato un po' di qua un po' di là, ho comprato un po' di salame, un po' di sapone, di formaggio, qualche biscotto aromatizzato alle spezie, e alla fine mi sono riposato nel caffè i cui tavolini occupano parte della piazza. Sotto gli ombrelloni bevendo una tazza di the mi sono goduto la pace del primo pomeriggio, l'aria calda estiva, e la piacevole presenza di una graziosa cameriera russa, che scherzava con altri avventori del caffe seduti al tavolo a fianco, dei simpatici giovani bretoni che vendevano profumi inglesi in uno degli stand, e che ora facevano la pausa pranzo. Nel mentre il direttore del giornale locale “La Voce di Rovigo” si sedeva a prendere un the al mio tavolino e mi proponeva di fare una intervista e un servizio fotografico. Sembrava una persona a modo, così ho accettato. Mi ha offerto da bere e mi ha salutato; poco dopo sono arrivati la reporter e il fotografo, e abbiamo subito fatto delle foto, a mio parere molto belle, in cui porto in giro per la piazza questi due ragazzi bretoni. Anche loro nel stare al gioco si sono divertiti molto e hanno anche scherzato senza timidezza con la gente attorno, come spesso fanno le persone del Nord Europa quando siedono su un risciò.
Dopo le foto, in cui il fotografo ci ha praticamente inseguito per la piazza cercando di acchiappare l'attimo giusto, siamo ritornati al nostro tavolino e ho preso un altro the con la reporter, una simpatica ragazza toscana, come toscano era anche il direttore del giornale.
Barbara mi ha posto alcune domande, e abbiamo avuto una bella chiacchierata di un'ora o poco più. Intanto il sole diventava meno forte e verso le quattro, finita l'intervista, mi sono accomiatato e mi sono preparato a ripartire verso ovest. Se avessi avuto la possibilità di restare qualche giorno a Rovigo, avrei volentieri esplorato questa città più a fondo, per esempio visitando il museo della cultura del Polesine.
Da Rovigo seguo la provinciale 499, che risale il corso dell'Adige fino a Legnago.
Lungo il tragitto incrocio spesso ciclisti sportivi isolati, piu raramente dei gruppi, e una volta è capitato che un ciclista mi abbia superato a sinistra di gran carriera, e proprio in quell'attimo che correva di fianco a me mi ha gridato qualcosa con una vocina acuta ed energica, come spesso si incontra fra i veneti:

“Mi corro 200 chilometri con un litro de vin!”

Ho attraversato ad un'andatura calma e concedendomi pause frequenti -dato un certo malessere ad un ginocchio- alcuni paesotti, Lendinara e Badia Polesine, per incontrare il tramonto in località Spininbecco.
Proprio mentre mi stavo chiedendo come e dove passare la notte alcune persone sul marciapiede mi facevano gesto animosamente di fermarmi.
Erano i gestori di un bar- tabacchi-cartoleria proprio là, e mi hanno offerto un caffè d'orzo mentre si informavano con sollecitudine sul mio tragitto eccetera. Ho chiesto loro dove potessi dormire, e se mi conveniva andare ancora oggi a trovare un alloggio a Legnago. Hanno detto che Legnago non sarebbe stata particolarmente economica in quanto ad alberghi, e mi hanno consigliato guardando sulle loro pagine gialle un paio di agriturismi “alla mano”.
Hanno telefonato a uno di questi agriturismi, un certo Claudio, che si trova un po' fuori dalla località di Villa Bartolomea, e mi dicono che c'è posto là ma che non fanno niente per cena. Quindi mi consigliano anche un posto a Villa Bartolomea dove cenare.
È una trattoria che si chiama “L'artista”, dove evidentemente si mangia bene. In quel mentre interviene un avventore del locale, che ribatte che lui non ci ha mangiato affatto bene. Allora mi spiegano che questo “artista” è un tipo un po' particolare, che cucina cose formidabili se incontri la sua simpatia, mentre ti cucina delle schifezze se gli stai antipatico.
Intanto il tempo sembra portato a guastarsi. La piazza centrale di Villa Bartolomea è uno slargo enorme con dei giardini nel mezzo, che ricorda per le dimensioni un ippodromo romano; era così grande che per trovare l'osteria, che si affaccia su un lato della piazza, ho impiegato diverso tempo. La piazza era stupendamente vuota, buia e silenziosa.
Fuori c'era una donna appoggiata all'ingresso, e davanti un tavolino. Sembrava che mi stessero già aspettando. Saluto la donna e chiedo se posso mangiare qualcosa, mentre usciva fuori il cuoco-artista, che appena mi ha visto seduto sul sellino del risciò ha mormorato:”E chi è questo sfigato?”
Ho pensato: cominciamo bene.
Mi sono allora presentato e ho cercato urbanamente di spiegargli che non sono uno sfigato, o almeno non credo. Se fossi stato SFIGATO non avrei goduto della FORTUNA di arrivare fino a questa osteria dopo oltre 500 chilometri di tranquillissimo tragitto! Inoltre ho la fortuna di aver trovato un cuoco volenteroso che mi può preparare qualcosa di buono per cena. Mi porta allora al tavolo fuori dei tortellini in brodo e un petto di pollo con l'insalata, con un quartino di buon vino. Mentre mangio intanto arrivano degli operai siciliani che chiaccherano un po' con la donna del cuoco, e quando ho finito di mangiare uno di loro mi offre una sigaretta, che volentieri accetto, e fumiamo assieme mentre gli racconto un po' del mio viaggio finora condotto. E lui mi racconta del suo lavoro e della sua vita qui in questa zona tranquilla della bassa Veronese. Poi si cominciano a vedere dei lampi in lontananza, e scende qualche goccia di pioggia. È un avviso che mi devo sbrigare a raggiungere l'agriturismo dove sono atteso prima che cominci a piovere. Per raggiungerlo da Villa Bartolomea devo allontanarmi dall'Adige, superare il cavalcavia che sormonta l'autostrada per Verona, e proseguire in direzione dell'unico punto luminoso nella pianura circostante. Quello è l'agriturismo.
Esattamente nel momento in cui ho aperto il cancello del podere è scoppiato un temporale fortissimo, con tuoni, lampi ed acqua a catinelle. Just in time!
Erano circa le undici di sera e tutti già dormivano, eccetto il nonno della famiglia che mi stava aspettando guardando la televisione.
In pochi minuti mi ero già sistemato nella stanza, una stanza da poco rinnovata e arredata con 4 letti singoli e una pulitissima stanza da bagno, dove ho potuto fare una bella doccia e lavare i panni sporchi. Poi ho guardato un po' di televisione sulle emittenti locali, che a volte sono divertenti, con i loro telegiornali in accento veneto. È la mia ultima giornata su suolo veneto, domani sarò a Mantova, Lombardia.

Conselve-Rovigo: 27 km; Rovigo-Villa Bartolomea: 39 km


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